È l’Unione Europea il prossimo banco di prova per il piano della Cai. Il salvataggio della compagnia aerea – ricorda un articolo del Corriere della Sera – dovrà rispondere a tre requisiti: discontinuità, trasparenza, vendita degli asset di Alitalia a prezzi di mercato, come ha ricordato ieri il vicepresidente della Commissione e commissario ai Trasporti Antonio Tajani. Un esame non facile, viste anche le pressioni delle grandi compagnie aeree europee sul commissario alla Concorrenza Neelie Kroes, affinché questi accerti se non vi siano aiuti di Stato. Per il via libera della Commissione europea serve anzitutto dimostrare la discontinuità: la vecchia Alitalia e la nuova compagnia devono essere società diverse, non la cessione di un ramo d’azienda (la good company da Alitalia a Cai). Se invece così fosse, Cai erediterebbe tutto il personale del ramo d’azienda acquistato, quindi i vecchi contratti. Perdendo anche i benefici previsti sul costo del lavoro: i 12.500 lavoratori della nuova compagnia saranno presi dai dipendenti Alitalia messi in cassa integrazione e mobilità, in questo modo Cai godrà di un abbattimento dei contributi per chi assume lavoratori in cig e di un bonus del 50 per cento dell’indennità di mobilità per chi assume da questo bacino. Una serie di benefici che ammontano a circa 150-200 milioni di euro. Inoltre, se Bruxelles negasse la discontinuità tra Alitalia e Cai, la cordata guidata da Colaninno dovrebbe farsi carico anche dei debiti della compagnia e rispondere del prestito ponte di 300 milioni concesso dal governo. Riguardo le altre due condizioni (trasparenza e vendita degli asset a prezzi di mercato) l’esecutivo si sente tranquillo, anche se l’istruttoria di Bruxelles si annuncia molto severa.

Alitalia, anche i piloti dicono sì