Insoddisfacente. Non trovano altre parole i sindacati, all'uscita dall'incontro che si è tenuto ieri al ministero dello Sviluppo economico sul piano industriale di Aferpi. Ancora una volta sono state presentate slide, dettagliate e ben illustrate dal Ceo Said Benikene, ma solo slide, mentre a mancare è stata la concretezza sulle garanzie finanziarie. C'erano tutti: il patron di Cevital Issad Rebrab, il ministro Calenda e una nutrita rappresentativa sindacale, con in prima fila i segretari nazionali Maurizio Landini per la Fiom, Marco Bentivogli per la Fim, Rocco Palombella di Uilm e Antonio Spera dell'Uglm. Unico assente l'amministratore delegato Fausto Azzi, dimessosi pochi giorni fa, rendendo la situazione ancora più grottesca.

È stato un incontro complesso, con i sindacalisti che hanno incalzato da subito i dirigenti Cevital su tempi, modi e soprattutto sulle garanzie finanziarie che non ci sono. Alle garanzie chieste dei sindacati sulla continuità produttiva l’azienda ha risposto con la promessa che a giugno sarà avviata la costruzione del forno elettrico. Nessun chiarimento sui progetti per l’industria agroalimentare e per la logistica, mentre la ripresa della marcia del treno rotaie slitta ancora, dal 3 al 10 aprile.

Il governo ha infine deciso di convocare un'ulteriore incontro con le parti per la prossima settimana, il 6 aprile. “Fim, Fiom e Uilm ritengono questo incontro assolutamente insoddisfacente – dichiarano i sindacati all'unisono - in quanto non sono state presentate garanzie finanziarie, né cronoprogramma di realizzazione, ma solo una progettualità e una potenzialità che non trova riscontrata alcuna concretezza".

I sindacati quindi proseguono: "Riteniamo insufficiente, a distanza di due anni dall’acquisizione della ex Lucchini che ci si presenti con una nuova serie di 'annunci' che non trovano nessun fondamento finanziario e che riguardano solo la siderurgia tralasciando gli altri due pezzi del progetto, logistica e agroindustria, con messa in discussione del mantenimento dei livelli occupazionali attesi. Fino ad oggi gli impegni sono stati disattesi ed è inaccettabile spostare al 2021 il nuovo traguardo temporale per la realizzazione del piano senza nessuna concreta garanzia di realizzarlo. E’ importante ricordare che l’altoforno a Piombino è spento a dal 2014 e che l’impianto di laminazione funzionerà fino al mese di luglio. Quanto ci è stato prospettato permane ancora molto fumoso. Nell'incontro del 6 aprile riteniamo indispensabile la presenza massiccia di tutti i lavoratori a Roma a sostegno di questa trattativa che sta arrivando ad uno snodo cruciale”.

In un primo momento, secondo l'azienda, gli impianti dovevano essere pronti a ripartire verso la fine del 2018, ma ora i tempi sarebbero bene più lunghi, con il forno elettrico pronto in 24 mesi, quindi nel 2019, a cui aggiungere altri sei mesi per l'avviamento e la messa in funzione dell'intero stabilimento e altrettanti per ultimare procedura amministrativa e autorizzativa. Una data realistica è il 2020, mentre per la prima vera colata di acciaio ci sarebbe da aspettare il 2021. Secondo sindacati e tecnici questo cronoprogramma è ottimistico, in realtà i tempi potrebbero prolungarsi ulteriormente. Inoltre un impianto del genere, escludendo logistica e agroalimentare che restano ancora in un limbo, impiegherebbe nella migliore delle ipotesi non più di 1400 operai. Quindi, oltre al reimpiego di chi rimarrebbe fuori, ci sarebbe da risolvere anche il nodo di come arrivare a queste date con gli ammortizzatori sociali.

I sindacati hanno chiesto, con il sostegno del ministro Calenda, una proroga degli effetti di copertura occupazionale offerti dalla legge Marzano, per mettere al riparo i lavoratori anche dalle eventuali conseguenze della scadenza di luglio sugli impegni assunti da Rebrab alla firma del contratto di acquisto della ex Lucchini. In una riunione ristretta tra sindacalisti nazionali e il ministro Calenda è stato anche affrontato il tema delle possibili partnership di Cevital per la parte siderurgica. Si è parlato in questi giorni della British Steel, della Liberty House e del Gruppo Jindal. Una partita comunque che, secondo il responsabile della siderurgia Fiom Mauro Faticanti, non può essere affidata solo all’azienda. Da parte sua, anche il governo sta riflettendo sulle possibili azioni da intraprendere.