E' passato quasi un anno dalla firma dell'accordo sulla rappresentanza (era il 31 maggio del 2013). Si può fare un bilancio di quel protocollo? Quali sfide apre? E cosa cambia per il mondo del lavoro? E' stato questo il tema del dibattito (“Le nuove regole sulla rappresentanza sindacale per ridare centralità alla contrattazione”) che si è svolto a Rimini, al Teatro degli Atti, in occasione delle Giornate del lavoro tra esponenti di primo piano di Cgil, Cisl, Uil, Confindustria e Confcommercio, moderatore Luca Patrignani, giornalista Rai.

“Un accordo storico – ha esordito Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil -, eppure se ne è parlato poco, perché l'attenzione è stata presa in tutti questi mesi dalle polemiche che ne hanno fatto seguito. La ragione di ciò è che con quell'intesa siamo andati decisamente controcorrente: in una fase in cui lo sport principale sembra essere quello di delegittimare le istituzioni, il fatto che sindacati e associazioni datoriali si siano dati delle regole, può aver dato fastidio”.

“Un fatto straordinario – ha proseguito Scudiere -, in quanto finalmente nel nostro paese si stabilisce che un sindacato non può esistere perché si autodefinisce tale, ma perché si adotta un criterio di trasparenza che misura la rappresentanza e la rappresentatività”. “E' vero – ha continua il segretario confederale Cgil -, la crisi che imperversa può far pensare che il tema della rappresentanza sia secondario. Io credo sia invece uno dei temi principali, perché permette di misurare la capacità del nostro paese di costruire la ripresa attraverso i temi della rappresentanza”.

Intervenendo subito dopo, Luigi Sbarra, della Cisl, si è soffermato invece sulle “grandi criticità” che impediscono di esercitare appieno il ruolo di rappresentanza proprio delle parti sociali:“Il primo degli impedimenti oggettivi – ha osservato il segretario confederale del sindacato di via Po – è rappresentato dalla crisi economica, che registra ormai la perdita di quote importanti di produzione, con decine di migliaia di posti di lavoro in meno in tutto il continente. Un fenomeno che, perdurando da più di cinque anni, costringe il sindacato, ma anche le imprese, a strategie improntate alla difesa dell'esistente”.

Non meno limitante, sempre a giudizio di Sbarra, è “l'invadenza della governance economica europea, con la compressione in tutti i paesi dell'area Ue del ruolo delle parti sociali”. Ma a preoccupare più di ogni altra cosa il sindacalista della Cisl è una specificità tutta italiana: “L'approccio del nuovo esecutivo – dice -, con la sua tendenza ad azzerare la concertazione e il tentativo di indebolire la contrattazione. Basterebbe, per capire la pericolosità di questo orientamento, riferirsi all'idea del governo Renzi di definire per legge il salario minimo: un modo per indebolire le potenzalità negoziali dei corpi intemedi”.

Sul versante della Uil, il segretario confederale Paolo Carcassi si è detto convinto che “se si applicasse integralmente l'accordo sulla rappresentanza, i sindacati ne uscirebbe sicuramente rafforzati. Non si può non definire positivo un accordo che regola i compiti delle parti sociali e stabilisce il modo per ricomporre il dissenso”. Non solo. “Fino a oggi – ha proseguito Carcassi – il datore di lavoro poteva scegliere i suoi interlocutori e sottoscrivere gli accordi con chi gli faceva più comodo. D'ora in poi non sarà più così”.

Positivo sull'accordo anche il giudizio di Pierangelo Albini, direttore delle relazioni industriali, della sicurezza e degli affari sociali di Confindustria: “Quando mi chiedono se il Testo unico è più favorevole agli interessi delle imprese o a quelli dei sindacati – ha esordito – io rispondo che il fine ultimo di quell'intesa non è rafforzare questo o quel soggetto sociale, ma rendere tutti più intelligenti, capaci di leggere meglio la realtà, interpretarla. Che è un interesse condiviso sia dal mondo del lavoro che delle imprese”.

“Allo stesso modo – ha continuato Albini – non mi meraviglia che qualcuno critichi i corpi sociali e sostenga che è capace di fare le cose che le parti sociali sono chiamate a fare per la difesa degli interessi dei propri associati. Penso che la cosa più importante sia dire con chiarezza che ogni ruolo ha le sue responsabilità. Fondamentale è che sia chiaro il metodo, e con l'accordo sulla rappresentanza questo chiarimento è stato definitivamente concordato”.

Sull'importanza delle regole ha insistito anche Jole Vernola, direttore centrale di Confcommercio per le politiche del lavoro e del welfare. “E' importante – ha spiegato – la definizione di confronto tra le parti sociali. Certo non siamo all'anno zero: abbiamo alle spalle decenni di contrattazione collettiva, capace di stabilire continuamente delle regole e di trovare punti di accordo”.

Esercitare la rappresentanza, ha detto ancora la dirigente di Confcommercio, “significa essere capaci di esprimere bisogni e di condividere delle risposte. Non c'è bisogno di essere rappresentanza solo quando si è chiamati a un ruolo pubblico-istituzionale. La nostra capacità di rappresentanza la facciamo valere ogni giorno, in ogni tavolo negoziale e in ogni realtà territoriale del paese”. Quando arriverà l'adesione di Confcommercio al testo sottoscritto lo scorso 10 gennaio? “Lo stiamo ancora discutendo – è stata la risposta di Vernola -. Posso solo dire che siamo in una fase avanzata”. (G.I.)