da Rassegna sindacale Si allarga la volontà di autonomia della Regioni. Lombardia e Veneto hanno fatto da apripista puntando sulla politicizzazione di questi processi, l'Emilia Romagna ha adottato invece una procedura diversa. Possiamo dire che si sta tornando alla retorica della vecchia Lega Nord, cioè la maggiore efficienza del lombardo-veneto rispetto al resto dItalia. Ma c'è anche unaltra preoccupazione più concreta per la tenuta del sistema: se hanno cominciato in tre ad avviare queste procedure, ed erano i territori con il più alto residuo fiscale, oggi sono 13 su 15 le Regioni a statuto ordinario che, con diversi grado di avanzamento delle trattative e delle discussioni, stanno chiedendo ulteriori forme di autonomie in materie decisive per la tenuta dei diritti civili e sociali. Stiamo parlando di salute, istruzione, ambiente, norme legate alle politiche attive del lavoro. Non si può prescindere da una regia nazionale. Lo afferma Giordana Pallone, che per la Cgil nazionale si occupa di riforme istituzionali e di assetto istituzionale del Paese, in unintervista a RadioArticolo1. In questi anni osserva la sindacalista le politiche poco lungimiranti rispetto alla tenuta generale del sistema pubblico hanno messo in difficoltà una serie di territori, per cui le regioni che hanno una maggiore capacità fiscale stanno avanzando queste richieste di autonomia. Ciò risponde di per sé a un'esigenza corretta, però è un tema che riguarda tutto il Paese e quindi ha bisogno di una risposta generale. L'autonomia essenziale si può esercitare se c'è un quadro di norme generali a cui comunque non si può derogare, altrimenti rischiamo di lasciare in condizioni disastrate alcune regioni. Come Cgil aggiunge Pallone abbiamo considerato fin da subito prioritario e precondizione per tutto questo iter che ci fosse una definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che in quanto tali devono essere garantiti su tutto il territorio.