Nel panel “Le protezioni sociali nelle transizioni demografiche e nella vita delle persone”, sono emersi punti di vista diversi sulle priorità e sui tempi delle scelte da fare nel campo delle riforme sociali. Riforme sempre più necessarie dopo una pandemia che ha ampliato le diseguaglianze. Punto di accordo degli ospiti del panel: la disparità sostanziale tra donne e uomini sia per quanto riguarda le condizioni di lavoro (e di vita a partire dai carichi del lavoro di cura), sia per quanto riguarda le pensioni. Ma se sulla questione delle disparità di genere c’è accordo, meno sintonia sembra esserci sulle “ricette”, poiché sia la sociologa Chiara Saraceno, sia la ministra Bonetti (famiglia e pari opportunità) hanno sostenuto la tesi che le donne devono essere messe nelle condizioni di parità a partire dalla vita lavorativa e non “remunerate” alla fine del percorso quando sono vicine alla pensione.

Il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli e il segretario generale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti, hanno invece sostenuto una tesi molto semplice e chiara: è vero che le diseguaglianze di genere si devono combattere durante la vita lavorativa, ma è anche vero che lo Stato ha il dovere di dare una risposta concreta a tutte quelle donne che sono vicine alla pensione e che sono state fortemente penalizzate durante la vita lavorativa. Una tesi che alla fine del dibattito è stata ripresa anche dalla ministra Bonetti. 

Per quanto riguarda le priorità, Ghiselli ha ribadito l’urgenza di far partire il confronto con il governo per costruire una riforma del sistema basata sulla flessibilità in uscita (62 anni o 41 di contributi), mentre Pedretti ha ribadito la necessità di una legge nazionale sulla non autosufficienza, e una rivalutazione delle pensioni in essere.

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