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E chi l’avrebbe mai detto: tocca ringraziare Gianni Alemanno, uno dei peggiori sindaci dai tempi di Nerone. E invece eccolo lì, recluso a Rebibbia, profeta del caldo assassino. Mentre 62mila corpi si dissolvono in celle-forno, lui annota la tragedia e, come per magia, i palazzi del potere si ricordano che dietro le sbarre c’è vita. Non bastavano i suicidi, i malori, i rapporti ignorati. Serviva un reduce da Campidoglio per fare audience.
E per svegliare il torpore istituzionale. Così Fontana visita, La Russa si commuove, Nordio si agita. E agisce: va da MediaWorld e ordina mille congelatori a pozzetto. Uno ogni 62 condannati al disagio. Mentre il decreto “Carcere sicuro” resta ibernato, senza fondi, decreti attuativi né senso.
Il vero miracolo però è l’eco mediatica: se la denuncia fosse arrivata da un tossico, un migrante, un senza fissa dimora, sarebbe finito nel cestino. Alemanno invece ha pedigree, visibilità, una storia. E allora la cella diventa breaking news. La pena si nobilita. Il disagio si fa share. La galera, per un attimo, smette di essere un buco nero per diventare contenuto da Tg1.
Aspettiamo ora un bel ventilatore alla massima velocità per spazzare via il Decreto Sicurezza e il suo perverso Risiko penale. Reati a grappolo, manette a pioggia, celle colonizzate. Il sovraffollamento non è più effetto collaterale, ma piano regolatore della disumanità. E per chi non ci sta, c’è sempre l’obitorio. Senza condizionale.
124 decessi da inizio anno: 38 suicidi, 86 morti silenziose. Nessun minuto di silenzio, nessuno speciale in prima serata. La politica riposa, telecomando in mano, condizionatore a palla. Perché chi muore in carcere non disturba, non vota, non serve. E allora avanti. Refrigerati. Anestetizzati. Col sangue freddo e la coscienza in stand-by.