Non sarà incostituzionale, così ha deciso la Corte costituzionale, ma certo in un Paese come l’Italia l’abolizione del reato di abuso di ufficio non è proprio ciò che serve a costruire cultura della legalità.

Dice la Corte

Si legge nel comunicato diffuso lo scorso 8 maggio dal Palazzo della Consulta: “In esito all’udienza pubblica svoltasi ieri, la Corte ha esaminato in Camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali, tra cui la Corte di cassazione, sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio ad opera della legge numero 114 del 2024. La Corte ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Merida). Nel merito, la Corte ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficioné il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale”.

Già: secondo quanto si legge, l’abolizione del reato qualche problema rispetto alla lotta alla corruzione lo crea, ma secondo la Convenzione di Merida non è obbligatorio prevedere il reato né cancellarlo quando esiste. E il punto è proprio questo: l’abolizione di quel reato non sarà incostituzionale, anzi non lo è, ma certo non aiuta nella lotta alla corruzione e alle mafie, visto che gran parte dei reati spia delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia del Paese passano da fattispecie legate all’abuso di atti d’ufficio.

La reazione

“La sentenza della Corte costituzionale sulla cancellazione del reato di abuso d’ufficio nulla cambia rispetto al giudizio che, come Cgil, abbiamo dato e ribadiamo. La scelta del governo di abolirlo indebolisce la legalità e la trasparenza ed espone al rischio sempre più forte di corruzione le pubbliche istituzioni. È un duro colpo per chi ogni giorno lavora onestamente nella pubblica amministrazione e per tutti i cittadini che hanno il diritto di avere istituzioni trasparenti a cui rivolgersi”. Lo dichiara Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil.

Un po’ di storia

Facciamo un passo indietro: era un anno fa quando con la sentenza 20 del 2024 la stessa Corte costituzionale affermò che la legge sull’abuso d’ufficio poteva esser corretta ma non abolita. Il governo Meloni, invece e in coerenza con sé stesso, ha deciso per il tratto di penna. D’altra parte è chiaro che la tendenza sia quella di eliminare controlli, lacci e laccioli per i colletti bianchi e i potenti e – contemporaneamente – inventare reati nuovi che colpiscono i fragili e gli emarginati, basti pensare all’ultimo obbrobrio, la legge denominata sicurezza.

Per capire

Il ministro Nordio e la presidente del Consiglio, con l’approvazione di tutti i partiti della maggioranza hanno, dunque, deciso: niente più pene per chi, con incarichi pubblici, abusa del proprio potere per favorire amici, parenti o interessi personali. E già perché ora non è più reato affidare incarichi agli amici bypassando trasparenza e merito, pilotare bandi o appalti pubblici per favorire chi si vuole, escludere chi ha diritto a concorrere solo perché scomodo, favorire aziende “amiche” aggirando le regole, omettere controlli o atti dovuti per agevolare qualcuno.

Dal Pnrr alla sicurezza sul lavoro

Avete presente i contratti precari che vengono “concessi” a discrezione di chi esercita un potere pubblico? Avete presente i tantissimi appalti legati al Pnrr che danno vita ad una catena lunghissima di subappalti, man mano che si scende si trova sfruttamento e insicurezza? Ebbene: senza più il reato di abuso di ufficio sarà assai più facile la corruzione, l’illegalità e l’inquinamento mafioso. Chi paga il prezzo di tutto questo? I cittadini e le cittadine onesti. Perché quando si lascia che siano altri a decidere, decidono anche contro di noi. Per questo recarsi alle urne l’8 e il 9 giugno prossimo vuol dire anche non lasciare che il nostro silenzio diventi complicità.

Serve maggiore legalità

La conclusione della segretaria Ghiglione è netta e chiara: “In un Paese dove cresce la sfiducia, il disagio sociale, la precarietà, l’insicurezza, dove gli appalti pubblici sono obiettivo di infiltrazioni di criminalità e mafia servirebbe più trasparenza, non meno controlli. Più tutele per il lavoro, non abolizione di reati quali l'abuso di ufficio: tutto ciò favorisce disonesti e criminali e limita le capacità di intervento della magistratura. Anche per questo i referendum dell’8 e 9 giugno sono un momento fondamentale: è un’occasione per rimettere al centro il lavoro, combattere la precarietà, tutelare i diritti e la salute di tantissime lavoratrici e lavoratori occupati negli appalti”.