A buon diritto, Acli, Antigone, Arci, Cgil, Cnca, Forum droghe, L’altro diritto, La società della ragione e Ristretti orizzonti hanno lanciato un appello per una grande azione collettiva contro il “decreto sicurezza”.

È indubbio che serva un’azione di disobbedienza civile contro un provvedimento che lede i diritti individuali, a cominciare da quello di manifestare, e che non solo non contribuisce a costruire sicurezza ma che, invece, criminalizza le fragilità sociali e il dissenso. Per di più, decidendo di passare da un disegno di legge a un decreto legge (questo è quanto ha fatto il Governo Meloni) probabilmente si viola la Costituzione, visto che non sussistono i requisiti di necessità e urgenza necessari per promuovere i decreti legge.

A dirlo non siamo certo noi, ma oltre 200 giuristi e costituzionalisti che hanno scritto un appello pubblico: “Tale decreto – ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere – presenta una serie di gravissimi profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere. È accaduto spesso in passato e anche in tempi recenti che la dottrina si trovasse a denunciare l’uso abnorme dello strumento della decretazione d’urgenza. Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale, presidenti delle Camere hanno più volte preso posizione in difesa del Parlamento e delle sue prerogative gravemente calpestate nell’esercizio della potestà legislativa, rimanendo inascoltati”.

I promotori dell’azione di dissenso civile, accogliendo l'invito di don Ciotti a digiunare contro le leggi ingiuste, e raccogliendo l’iniziativa lanciata da Franco Corleone, intendono denunciare l'approvazione di un provvedimento che limita gravemente lo spazio civico, criminalizza il dissenso pacifico e mette a rischio i diritti fondamentali di cittadine e cittadini.

“Il decreto legge sicurezza, privo dei requisiti di necessità e urgenza, è stato emanato scippando il testo su cui era ormai concluso il dibattito parlamentare, con un atto di prepotenza istituzionale, che colpisce il cuore della democrazia italiana”, scrivono i promotori dell’iniziativa, elencando i suoi contenuti più gravi: “La criminalizzazione della povertà, delle manifestazioni pacifiche e del dissenso, anche in carcere e nei Cpr; la reclusione di donne incinte o con figli piccoli negli Icam, che sono veri e propri istituti penitenziari, con la minaccia di separare i bambini dalle madri come sanzione disciplinare; il divieto della coltivazione e commercializzazione della canapa tessile; l’ampliamento dei poteri delle forze di sicurezza; la costruzione di nuovi reati con pene pesanti anche per fatti di sola rilevanza sociale”.

La scelta dello sciopero della fame a staffetta come strumento di protesta civile è quasi obbligata. Innanzitutto perché avvicina a quanti e quante già patiscono gli effetti nefasti del decreto, poi perché è uno strumento che può essere “utilizzato da molti e molte”, infine – indispensabile – perché al momento fare lo sciopero della fame non è “ancora” considerato reato.

Scrivono ancora i promotori: “Attraverso il digiuno vogliamo solidarizzare con tutte e tutti coloro che stanno già subendo le conseguenze violente del dl sicurezza, e allargare al massimo il fronte della protesta per l’attenzione ai diritti civili, umani e democratici che questo decreto, presentando evidenti profili di incostituzionalità, afferma”.

Un decreto, dunque, servito solo “a evitare un utile confronto parlamentare, con cui il Governo Meloni strumentalizza la parola ‘sicurezza’ senza affrontare l’insicurezza fisica delle persone fuori e dentro casa e senza dare risposte ad altre insicurezze come il lavoro, la casa, la crisi climatica, l’accesso alle cure sanitarie. Finendo per ottenere un altro risultato: scoraggiare ulteriormente l’impegno politico delle persone”.

Affinché l’iniziativa riesca, come è presumibile, è necessaria un’ampia, ampissima partecipazione: anche questo è un modo per rispondere positivamente all’appello del presidente Mattarella di “non rassegnarsi alla democrazia a bassa intensità”.

Partecipazione è certamente quella di recarsi alle urne nei momenti elettorali, a partire dai referendum dell’8 e 9 giugno, ma partecipazione è anche quella quotidiana, fatta di espressioni di dissenso e di mobilitazioni sociali, proprio quello che Meloni e i suoi ministri vogliono silenziare con il decreto sicurezza. E allora, per partecipare basta aderire compilando un modulo online al seguente link: https://bit.ly/no-dl-sicurezza-digiuno-a-staffetta