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“I grandi processi di cambiamento devono mettere al centro il lavoro”: è il messaggio lanciato oggi da Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, nel corso del convegno “AI: innovazione e contrattazione” organizzato a Roma. Una riflessione a tutto campo su intelligenza artificiale, politiche industriali, relazioni sindacali e governance europea.
Falcinelli ha ribadito la necessità di un dialogo costante tra sindacati e controparti datoriali, prendendo a esempio il contratto del settore chimico: “La condivisione dei dati e degli scenari consente di capire le esigenze reciproche e di affrontare il cambiamento con strumenti condivisi. Lo stesso dovrebbe valere anche per il rapporto con la politica: non serve una contrattazione continua, ma un confronto stabile, oggi del tutto assente”.
Critiche all’Europa e alla governance dell’innovazione
Sul piano europeo, Falcinelli ha puntato il dito contro i ritardi accumulati anche nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale: “L’UE è spesso ostaggio della frammentazione nazionale e produce ‘mezzi pasticci’. Stiamo rischiando con l’AI lo stesso errore fatto sulla transizione energetica: obiettivi ambiziosi senza strumenti reali per accompagnarli, né sul fronte industriale né su quello sociale”.
L’assenza di politiche industriali forti, secondo Falcinelli, si riflette nella trasformazione delle grandi aziende “da soggetti di capitalismo di mercato a strumenti di capitalismo finanziario, anche quando sono pubbliche o partecipate”. E questo, avverte, mina la possibilità di pianificare lo sviluppo e redistribuire i benefici dell’innovazione.
Regole e diritti per un’innovazione umana-centrica
Per il segretario della Filctem Cgil, il futuro dell’innovazione deve restare ancorato a valori di giustizia sociale e umanità: “L’intelligenza artificiale non può essere lasciata all’iniziativa privata o alle risorse dei singoli Stati. Servono misure europee e strumenti che facilitino il progresso senza ridurre le tutele. Serve una governance che resti umana-centrica”.
Un messaggio chiaro ai governi e all’Unione Europea: “Un’innovazione che non migliora i diritti, la qualità della vita e le relazioni industriali, non serve. Può generare solo nuove disuguaglianze. Ecco perché il lavoro deve essere protagonista delle trasformazioni in corso”, ha concluso Falcinelli.