La Corte di cassazione boccia il provvedimento

di Marta Nicoletti

La legge 80 del 9 giugno, il cosiddetto decreto sicurezza, è a rischio incostituzionalità. Lo hanno detto tanti giuristi e costituzionalisti e, adesso, lo certifica la Corte suprema di cassazione in una relazione di 129 pagine in cui, punto per punto, vengono messi nero su bianco i pericoli derivanti dalla nuova normativa e la bocciatura sulla modalità seguita dal governo per l’approvazione. 

“Si tratta di norme sbagliate, scritte male, concepite peggio, che danneggiano le cittadine e i cittadini” dichiara Lara Ghiglione, segretaria confederale Cgil.

"Sono particolarmente rilevanti alcuni passaggi della relazione, in particolare quelli che mettono in luce come il decreto contribuisca a criminalizzare il dissenso – prosegue –.  Lo abbiamo visto chiaramente nei giorni scorsi: lavoratrici e lavoratori che scendono in piazza per rivendicare salari e diritti rischiano di essere considerati una minaccia, invece che interlocutori sociali. È un segnale gravissimo”.

“Molto significativi anche i rilievi sulla vaghezza delle norme e sulla eterogeneità delle materie trattate: un vero e proprio calderone normativo, che invece di garantire chiarezza e legalità, alimenta incertezza e confusione. Se l’obiettivo dichiarato era quello di aumentare la sicurezza, il risultato reale è stato l’aumento dell’arbitrarietà e del disordine normativo” sottolinea ancora Lara Ghiglione.

La relazione 33/2025 del 23 giugno parla chiaro: mettendo insieme – e condividendo – le valutazioni negative espresse da magistrati, costituzionalisti, avvocati e associazioni, la Corte di cassazione di fatto critica sia il metodo di adozione del provvedimento che i suoi contenuti.

Il metodo: assenza di necessità e urgenza

di Marta Nicoletti

Partiamo dal principio: perché si è scelto di passare da un disegno di legge a un decreto legge? La relazione prende le mosse dall’assunto che il decreto legge è del tutto sovrapponibile al disegno di legge da cui si è dato avvio all’iter, di fatto senza quasi nessuna modifica. 

"Si tratta – ricordano ancora nel documento – di una variegata serie di modifiche normative orientate a un ricorso accentuato allo strumento penale, declinato nelle due forme dell’inasprimento dei trattamenti sanzionatori esistenti e dell’introduzione di nuove fattispecie di reato”.

In estrema sintesi, è ipotizzabile un aumento dei processi e del numero di persone che finiranno in carcere.

Ma come tutti i giuristi che hanno espresso un parere in merito, nella legge non c’è nessun “fatto nuovo configurabile come casi straordinari di necessità e urgenza”, come indicato nell’art. 77 della Costituzione che, appunto, regola la decretazione d’urgenza. Da questo nasce la critica, e il rischio di incostituzionalità evidenziato.

La procedura scelta dal governo ha infatti interrotto il dibattito parlamentare, svilendo il ruolo del Parlamento e riducendo l’equilibrio tra i poteri

Profili di illegittimità

di Marta Nicoletti
ROMA 27/03/2015 IL PALAZZO DI GIUSTIZIA A PIAZZA CAVOUR DETTO ANCHE PALAZZACCIO FOTO DI © REMO CASILLI/SINTESI
ROMA 27/03/2015 IL PALAZZO DI GIUSTIZIA A PIAZZA CAVOUR DETTO ANCHE PALAZZACCIO FOTO DI © REMO CASILLI/SINTESI
REMO CASILLI/SINTESI

Diversi dunque i profili di illegittimità contenuti nella relazione. Il primo è la ritardata presentazione alle Camere: l’ordinamento prevede infatti che quando il governo adotta, in casi di necessità e urgenza, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve presentarli alle Camere il giorno stesso per la conversione in legge. Ma con il decreto sicurezza questo è avvenuto una settimana dopo.

La mancanza di necessità e urgenza poi è evidente dalla cronaca stessa del dibattito parlamentare sul ddl sicurezza: sei mesi di esame al Senato e sei mesi alla Camera “dimostrerebbero meglio di ogni altro argomento l’assenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza” si legge nella relazione.

In ultimo, ma non meno importante, i costituzionalisti sottolineano come la stessa relazione presentata dal governo “dà conto della ratio delle norme ma non si sofferma sulla ragioni che giustificano la necessità e l’urgenza” e le stesse dichiarazioni dei membri del governo mettono in luce che la scelta del decreto legge sia stata fatta per superare “l’impasse politico-istituzionale”

Altro aspetto problematico è l’eterogeneità del provvedimento: un vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.

La nuova legge infatti tratta numerose e diverse materie che non sempre risultano collegate tra loro: dalla mafia al terrorismo passando per i beni confiscati alla criminalità organizzata, per arrivare alla sicurezza urbana e ai controlli di polizia, senza trascurare la tutela delle forze dell’ordine fino alle vittime di usura e alla coltivazione della canapa. 

Terrorismo

di Simona Ciaramitaro

Il dl sicurezza contiene una serie di norme in materia di terrorismo. Ci soffermiamo su quella che riguarda la detenzione di materiale con finalità di terrorismo che prevede sino a sei anni di reclusione per “il semplice procurarsi o la passiva detenzione di materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo” anche online, si legge nel documento della Cassazione.

Il testo parla quindi di “possibili profili di incostituzionalità” citando chi ha fatto riferimento a una sorta di reato di sospetto o di volontà “che intende incriminare attività remotamente preparatorie rispetto alla vera e propria esposizione a pericolo, tanto che potrebbe essere difficile distinguere tra chi realmente prepara un’azione terroristica e chi, ad esempio, analizza i testi per motivi di studio o pura curiosità”.

Carceri e Cpr

di Simona Ciaramitaro

Nel ponderoso decreto legge si passa al tema carcerario, del quale prendiamo in considerazione due aspetti. Il primo riguarda le disposizione sull’istigazione a disobbedire alle leggi a mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda, in luogo pubblico e in presenza di più persone, in una riunione che abbia carattere non privato.

Anche in questo caso vengono riportati numerosi rilievi ribadendo l’impronta securitaria impartita dal legislatore: si tratta di una norma della quale “potevamo fare a meno” perché “valorizza un delitto di opinione, del quale la dottrina da tempo rileva i problemi di legittimità costituzionale in relazione non solo alla libertà di manifestazione del pensiero, ma anche al principio di determinatezza che si stempera nel vago riferimento alle leggi di ordine pubblico”.

C’è quindi “il rischio concreto di una punizione di condotte di pericolo astratto e di criminalizzazione del dissenso” in contrasto con la “libertà costituzionalmente riconosciuta di manifestare le proprie idee”.

Secondo punto, le rivolte all’interno di un istituto penitenziario, punite con la reclusione sino a cinque anni. La Corte di cassazione riporta il rilievo in merito alla punibilità per i detenuti che si oppongono agli ordini impartiti, in quanto le norme non citano la legittimità degli ordini stessi. Vale a dire: anche davanti a un ordine illegittimo (magari anche vessatorio, potremmo aggiungere) il detenuto deve comunque eseguire.

Molto discussa la punibilità della resistenza passiva che presenta molte criticità, come anche segnalato dal Csm. Si finisce con l’incriminare “la mera disobbedienza, ossia ogni atto di ribellione, non connotato da violenza o minaccia, quali, ad es., il rifiuto del cibo o dell’ora d’aria”, scrive la Cassazione.

Senza contare che contraddice “i principi costituzionali di ragionevolezza, di materialità-offensività se non anche di libertà di autodeterminazione individuale”. Potrebbero inoltre scatenarsi “effetti contrari a quelli presumibilmente attesi, finendo paradossalmente a incentivare il ricorso a forme di contestazione o disobbedienza dotate di maggiore pericolosità e carica offensiva”.

Quanto ai Cpr e alle norme che si occupano delle rivolte, con atti di violenza o minaccia o di resistenza, colpisce quanto si legge nel documento della Cassazione quando scrive che si evidenzierebbe la “volontà del legislatore di punire più che una condotta, un tipo di autore: in questo caso il migrante (irregolare), con ripercussioni sul rispetto del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione”.

Armi libere

di Simona Ciaramitaro

L’articolo 28 autorizza gli agenti di pubblica sicurezza, quando non sono in servizio, a portare senza licenza alcune tipologie di armi (pistole, bastoni, coltelli). La Corte di cassazione parla di grande preoccupazione “in quanto l’intervento normativo costituirebbe – secondo alcuni degli auditi – un incentivo alla diffusione delle armi in circolazione”, mettendo così a repentaglio la sicurezza delle persone, con un avvicinamento al modello statunitense.

Servizi segreti

di Simona Ciaramitaro

Le norme che allargano stabilmente alcuni campi di impunibilità degli 007 italiani incide sulla legge che ha riformato la struttura e l’organizzazione dei servizi segreti italiani. Per la Cassazione merita una riflessione approfondita l’estensione del meccanismo delle garanzie funzionali alle condotte di direzione e organizzazione di associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico.

FOTOGRAFIE EFFETTUATE DALL’ELICOTTERO POLI 114 DELLA POLIZIA DI STATO 1° REPARTO VOLO PIAZZA DANTE PANORAMICA AEREA PANORAMICHE AEREE DI ROMA SEDE UNITARIA DELL'INTELLIGENCE SICUREZZA NAZIONALE SERVIZI SEGRETI
FOTOGRAFIE EFFETTUATE DALL’ELICOTTERO POLI 114 DELLA POLIZIA DI STATO 1° REPARTO VOLO PIAZZA DANTE PANORAMICA AEREA PANORAMICHE AEREE DI ROMA SEDE UNITARIA DELL'INTELLIGENCE SICUREZZA NAZIONALE SERVIZI SEGRETI
IMAGOECONOMICA

La Corte parla di “un assoluto inedito nel panorama penalistico di riferimento, posto che la direzione e organizzazione delle predette associazioni è fenomeno ben diverso, più grave e più pericoloso rispetto alla già sperimentata possibilità di infiltrazione” giustificabile al livello di mera partecipazione.

Oltre alla sproporzionalità e alla disfunzionalità rispetto alle esigenze da perseguire “potrebbe suscitare dubbi di illegittimità costituzionale”, perché sembra “consentire l’organizzazione e direzione di associazioni vietate dall’articolo 18 della Costituzione”. Lo stesso vale per la possibilità dei servizi segreti di finanziare “le condotte con finalità di terrorismo”.

Problema casa

di Patrizia Pallara

La relazione della Corte suprema dedica una decina di pagine alle novità dell’articolo 10, “disposizioni per il contrasto dell’occupazione arbitraria di immobili destinati a domicilio altrui”. Parte da un presupposto: il diritto all’abitazione rientra nel catalogo dei diritti inviolabili (anche se non espressamente previsto dalla Costituzione) ed è un requisito essenziale della nostra società.

ROMA 14/05/2015 MANIFESTAZIONE DI ACTION PER IL DIRITTO ALLA CASA E CONTRO GLI SFRATTI FOTO DI © ATTILIO CRISTINI/SINTESI
ROMA 14/05/2015 MANIFESTAZIONE DI ACTION PER IL DIRITTO ALLA CASA E CONTRO GLI SFRATTI FOTO DI © ATTILIO CRISTINI/SINTESI
ATTILIO CRISTINI/SINTESI

Quindi procede nel dare spazio alle voci che hanno parlato apertamente di “doppia violazione di diritti umani” in relazione all’introduzione nel codice penale di un nuovo reato (art. 634-bis): lo Stato italiano non solo non garantisce il diritto a un alloggio adeguato, ma commina agli occupanti sanzioni penali, quali la reclusione da due a sette anni, che paiono violare gli elementi fondamentali di ragionevolezza, necessità e proporzionalità.

Non basta. I giudici togati si interrogano sul significato dei nuovi concetti di “detenzione senza titolo” e di “violenza”, per i quali si affidano alle indicazioni che verranno fornite dalla futura giurisprudenza. E sollevano i medesimi interrogativi dei sindacati degli inquilini: la fattispecie di reato può essere applicata agli affittuari il cui contratto è scaduto? “Si tratta di un dato certamente rilevante – scrivono – considerato che in molti casi alle legittime rivendicazioni dei proprietari degli immobili, si contrappongono necessità abitative gravi, famiglie con bambini o disabili, anziani o persone in disagio sociale e/o economico”.

Anche in questo caso, come in altri del cedreto sicurezza, i giudici criticano il fatto che “la polizia giudiziaria ha un ampio spazio operativo, specie nella fase di primo accertamento dei fatti e di esecuzione del reintegro del possesso in favore del denunciante”.

Danneggiamenti

di Patrizia Pallara

È l’aggravamento di un reato già aggravato. L’articolo 12 che modifica il 653 del codice penale, rendendo più dura la pena in caso di danneggiamenti durante una manifestazione, per i giudici della Suprema corte crea due diverse fattispecie di danneggiamento (aggravato) in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico: una “semplice”, punita con la reclusione da uno a cinque anni; l’altra, ulteriormente aggravata se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia, punita con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni e con la multa fino a 15 mila euro. Reati, dicono i giudici, che si sarebbero comunque potuti perseguire in base ad altri articoli di codice.

Blocco stradale e ferroviario

di Patrizia Pallara

L’articolo 14 introduce un nuovo reato che vuole contrastare i cosiddetti blocchi stradali e ferroviari, per ostruire la circolazione con il corpo, usati da più persone principalmente in occasione di scioperi o di manifestazioni di protesta, oltre che dagli attivisti climatici, come strumento di “disobbedienza civile”.

I giudici riportano e in gran parte avallano i dubbi e le critiche espresse dai commentatori: la nuova disciplina sarebbe in contrasto con la possibilità manifestare liberamente il proprio pensiero e anche il dissenso. Inoltre, suscita perplessità la rilevanza penale che viene riconosciuta a comportamenti che molto spesso sono costituiti da riunioni pacifiche e atti di resistenza passiva, con l’effetto di incidere profondamente sull’attività di pubblica manifestazione del dissenso.

Il blocco stradale o ferroviario costituisce inoltre uno strumento usato in occasione di scioperi o manifestazioni di protesta, e come tale è un mezzo per esprimere il dissenso, il disagio sociale, il conflitto nel mondo del lavoro: attraverso “il presidio che si trasforma in corteo per le vie di una città, gli operai o i riders in agitazione, ma anche gli studenti in mobilitazione, bloccano la circolazione”, ponendo in essere forme di protesta strettamente correlate all’esercizio di diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti: lo sciopero (art. 40), la riunione (art. 17), la manifestazione del pensiero (art. 21).

Cannabis light

di Patrizia Pallara

Molti gli aspetti di incostituzionalità della norma che vieta la cannabis light, equiparandola di fatto a una droga e perseguendo per reati quali spaccio o traffico di sostanze stupefacenti chi coltiva, lavora o distribuisce infiorescenze di canapa industriale con basse percentuali di Thc.

COLTIVAZIONE IN CASA DELLA CANAPA FOTO DI © REMO CASILLI/SINTESI
COLTIVAZIONE IN CASA DELLA CANAPA FOTO DI © REMO CASILLI/SINTESI
REMO CASILLI/SINTESI

Poiché non ci sono dimostrazioni scientifiche che l’uso dei prodotti derivanti da piante di canapa possa provocare effetti psicotropi o nocivi, l’aver vietato la coltivazione delle infiorescenze, sostengono i giudici, potrebbe confliggere con principi di rango costituzionale. Viene leso il principio di affidamento del privato, la cui copertura costituzionale è garantita dagli articoli 2 e 3 della Costituzione. E violato il principio di libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.), provocando gravi danni agli imprenditori e agli operatori coinvolti.

Madri in carcere

di Patrizia Pallara

Bocciato dai giudici l’articolo 15 del decreto sicurezza, sulla base del quale le donne in gravidanza o mamme con figli di età inferiore a 1 anno, condannate o in custodia cautelare, saranno recluse negli Icam, istituti a custodia attenuta.

“Il decreto sicurezza punta l’indice (o meglio, punta l’arma della pena carceraria) contro le donne di etnia Rom, alle quali si imputa – in un coro assordante e ossessivo, largamente alimentato da pubblici proclami – di essere autrici di frequenti borseggi e di sottrarsi sistematicamente al carcere attraverso gravidanze e maternità” riporta la relazione dei giudici della Suprema corte.

La scelta è una palese violazione dei principi costituzionali di tutela della maternità e dell’infanzia (art. 31) e di umanità della pena (art. 27), tanto più in considerazione delle condizioni in cui versano le carceri italiane e dei pochi posti disponibili nei soli quattro istituti a custodia attenuata per detenute madri: tre al Nord e uno solo al Sud. Il che pone anche un problema di distanza dal luogo di residenza del resto della famiglia. Il minore ha un evidente interesse a vivere fuori dal carcere: non è certo necessaria una valutazione discrezionale del giudice per confermare questo interesse caso per caso.