7 marzo 2020

(Decima puntata del nostro viaggio tra coronavirus e scrittori)

In questo momento m’imbarazza scrivere della mia condizione, perché non è di particolare disagio né significativa in special modo. Tuttavia darò in breve la mia testimonianza, appunto solo una tra le tante.

Credo che il mio caso sia relativamente raro, infatti da molti anni “lavoro a distanza” come editor: le case editrici con cui collaboro sono lontane centinaia di chilometri e gli autori che seguo, ovvero le persone che sento più spesso per mail o al telefono, vivono in altre regioni, in altri Stati. Quando la situazione era meno grave, molti mi hanno detto scherzando che per me non era cambiato niente: restavo sempre quarantenato volontario. Sono cambiati però i momenti in cui solitamente incontravo le persone dell’ambiente editoriale in generale, ovvero le fiere e i festival: fiere e festival annullati, posticipati, in via di probabile annullamento e posticipo.

Ad esempio a metà aprile non ci sarà a Milano Book Pride, fiera nazionale dell’editoria indipendente, con la quale collaboro da diversi anni, come uno dei “curatori del programma”. Venerdì 6 marzo abbiamo comunicato che la manifestazione è rimandata, e non sappiamo ancora quando potremo recuperarla. Dopo l’annuncio, ho guardato ancora una volta il documento condiviso in rete dove in questi mesi noi del “gruppo di lavoro” abbiamo segnato tutti i circa 300 incontri programmati (se un documento condiviso in rete non pare il massimo della tecnologia per organizzare un festival di dimensioni non piccole, è perché non è il massimo della tecnologia, però grazie alla buona volontà di tutti ha sempre funzionato bene; nell’editoria la buona volontà muove le montagne che devono essere mosse).

Ho provato dispiacere per il lavoro sfumato, fatto insieme a decine, centinaia di editori e autori, poiché, anche nella migliore delle ipotesi, cioè con un recupero della fiera, si dovrà ricominciare quasi da zero – non essendo certo possibile tra diversi mesi presentare solo libri usciti all’inizio di quest’anno; ma soprattutto c’è il rammarico di avere fatto qualcosa di molto buono (a nostro giudizio) che non può essere condiviso col pubblico dei lettori, lettori per i quali – lo dico senza retorica, perché parliamo pure di concretissima economia – tutto il settore editoriale lavora.

Oggi tornerò a editare libri altrui, a scrivere per me e a guardare le notizie. Domani farò lo stesso, dopodomani anche. Fino a quando, spero presto, la “necessità” di aprire ogni ora una pagina web per “controllare la situazione” si farà meno forte.

GLI INTERVENTI PUBBLICATI:
Janeczek | Falco | Scego l Santoni | Pecoraro  
Sarchi Biondillo | Ginzburg | Targhetta
Le parole che servono
, D.Orecchio