Il concetto di invecchiamento attivo è sempre più presente all’interno del dibattito pubblico perché considerato uno strumento fondamentale per affrontare alcune delle principali sfide legate al processo di invecchiamento della popolazione. Se infatti da un punto di vista quantitativo le proiezioni demografiche sottolineano con certezza la progressiva crescita della parte più anziana della popolazione, da un punto di vista della qualità dell’invecchiamento molti interrogativi sono ancora aperti. A tal proposito, da diversi anni numerosi autori e organizzazioni (Who, Ilo, Oecd) sottolineano i benefici derivanti da un approccio basato sull’adozione di determinati princìpi, tra cui un miglioramento della qualità della vita, del benessere psicologico e del livello di inclusione sociale.

L’invecchiamento attivo viene descritto come un insieme multidimensionale di pratiche di carattere sociale, occupazionale, sanitario, formativo, culturale volto a garantire un buon livello di benessere fisico, sociale e psichico durante l’intero arco della vita e un buon livello di partecipazione alla vita sociale. In generale, l’obiettivo primario di un approccio basato sul concetto di invecchiamento è offrire una diversa rappresentazione dell’età anziana, che vada oltre una visione stereotipata come fase passiva dell’esistenza (ageism), valorizzando invece gli anziani in quanto risorsa delle proprie comunità familiari e sociali. A livello internazionale ed europeo tale approccio è stato promosso attraverso un percorso scandito da numerose adozioni di programmi di lavoro. In particolare, il 2012 è stato designato come Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni, iniziativa lanciata per sostenere la creazione di una cultura basata su una società per tutte le età.

Durante l’anno europeo, Oms e Unece hanno messo a punto l’Indice di invecchiamento attivo (Active Ageing Index), concepito come strumento per misurare la capacità degli Stati di stimolare il processo di invecchiamento attivo della propria popolazione. Coerentemente con la natura multidimensionale del concetto, l’indice è stato concepito fin dal principio come una sintesi di diversi indicatori che insieme concorrono a definire la performance dei Paesi su quattro macro-aree di intervento: occupazione, partecipazione sociale, vita autonoma sana e sicura e contesto stimolante all’invecchiamento attivo.

In un confronto europeo, nel 2018 l’Italia si è collocata in diciassettesima posizione, con un indice di invecchiamento attivo pari a 33,8, inferiore alla media europea, che è del 35,7, quindi esprimendo una minore propensione a sostenere il processo di invecchiamento attivo per la propria popolazione. La diffusione del concetto, sia a livello internazionale che europeo, ha sostenuto nel corso degli anni una proliferazione di esperienze e progetti tesi a rendere i contesti di vita ambienti favorevoli al processo di invecchiamento attivo.

Ora grazie a una ricerca, promossa da Auser, Spi e Cgil Emilia Romagna e realizzata dall’Ires della stessa regione, sono state mappate circa 50 esperienze di invecchiamento attivo in diversi Paesi europei, esperienze riconducibili a cinque aree tematiche: abitare, salute e prevenzione, cultura, rapporti intergenerazionali, territorio. Tale criterio classificatorio è stato usato per sistematizzare le diverse esperienze, con la consapevolezza che le esperienze, così come il concetto stesso di invecchiamento attivo, agiscono in un’ottica multidimensionale.

Nella prima area sono state raccolte diverse iniziative finalizzate a migliorare le condizioni abitative delle persone anziane, promuovendo un maggiore benessere e una migliore autonomia, elementi centrali per un approccio basato sull’invecchiamento attivo. Tra le esperienze registrate, l’implementazione di nuove tecnologie (domotica, sensori indossabili), che incrementano l’indipendenza della persona e il livello di sicurezza dell’ambiente domestico; la costruzione di complessi residenziali adatti alle esigenze dell’età anziana, fortemente integrati da nuove tecnologie, e talvolta con servizi utilizzabili dal resto della cittadinanza; esperienze di co-abitazione tra persone anziane (senior cohousing) e di co-abitazione intergenerazionale, con l’obiettivo di condividere lo svolgimento di attività quotidiane ed evitare l’isolamento sociale.

Per quanto riguarda l’area relativa alla salute, le iniziative sono quelle finalizzate a migliorare le condizioni fisiche, psicologiche e relazionali degli anziani, in un’ottica di prevenzione, autonomia e domiciliarità. Anche in questo caso sono presenti esperienze che fanno riferimento alla progettazione di nuove tecnologie (Itc for health), che permettono di monitorare e migliorare il proprio stato di salute in un’ottica di autonomia, seguite da esperienze collettive di allenamento fisico e mentale e da iniziative che stimolano gli anziani verso l’adozione di stili di vita più sani, in grado di supportarli nella rimozione di barriere (fisiche, conoscitive, mentali) che possono rendere il fattore età un ostacolo per vivere la propria indipendenza.

Nell’area cultura rientrano alcune esperienze volte a diffondere una narrazione degli anziani valorizzati in quanto risorsa che partecipa e contribuisce attivamente alla vita sociale. Tra queste vi sono la creazione di spazi di incontro culturale, iniziative di supporto a progetti socio-culturali, festival e laboratori d’arte, attività di apprendimento permanente, di volontariato e di inclusione sociale.

Tra le esperienze di rapporti intergenerazionali troviamo l’organizzazione di attività che permettono uno scambio tra generazioni più giovani e più anziane, la creazione di centri intergenerazionali, come la coesistenza di nidi d’infanzia e residenze protette, e infine attività di formazione e orientamento professionale che coinvolgono contemporaneamente giovani e anziani.

L’ultima area di esperienze, relativa al territorio, riporta quelle iniziative volte a rendere le città e i territori degli ambienti favorevoli al processo di invecchiamento attivo. Vi rientrano le esperienze che fanno riferimento al trasporto e alla mobilità, per migliorare il livello di inclusione sociale, assieme a quelle finalizzate al coinvolgimento della popolazione anziana in progetti di rigenerazione urbana, con l’obiettivo di raccogliere le loro riflessioni e proposte su spazi pubblici, barriere architettoniche e su come la città potrebbe diventare più sicura e accessibile per anziani e disabili.

Nel complesso, le diverse esperienze mappate mostrano come sia importante investire su un approccio multidimensionale e globale all’invecchiamento, integrando le diverse sfere della vita quotidiana. Altro elemento che emerge dalla lettura delle esperienze è la valorizzazione della popolazione anziana in quanto risorsa, e in particolare la valorizzazione della capacità di voice, sia nell’analisi che nella proposta. Come ricorda Michael Burawoy è solo ascoltando il territorio che diventa possibile valorizzare le esperienze di coloro che lo abitano, “rendere visibile l’invisibile, rendere pubblico il privato”. Nella creazione di tale dimensione pubblica infine assume sempre più importanza la messa a sistema di tutti i termometri sociali e del networking che organismi pubblici, organizzazioni sindacali e associazioni sociali possiedono, al fine di mettere in comune le proprie conoscenze/esperienze e co-creare contesti favorevoli al processo di invecchiamento attivo.

Assunta Ingenito è ricercatrice Ires Emilia Romagna