"Quando un referendum fallisce, tanto più in modo così clamoroso, non è mai colpa di qualcuno che non ha informato. Significa che i cittadini hanno compreso che non è con un no o con un sì che si risolve il complicato problema del trasporto pubblico a Roma. Le ulteriori insistenze da parte di chi ha proposto i referendum rischiano di cadere nel ridicolo. Ora è tempo di cambiare". Così il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio Michele Azzola, commentando i risultati del referendum di domenica 11 novembre: "I cittadini romani, anche se stanchi di un trasporto non all’altezza di questa città, affidano prima di tutto al Comune di Roma, ma anche a chi si è impegnato in questo referendum, una grande responsabilità".

Per la Cgil bisogna "realizzare urgentemente il progetto del polo del trasporto. Occorre recuperare l’equilibrio economico-finanziario gestionale, intervenire sull’organizzazione del lavoro per riorganizzare ed efficientare l’azienda (condizione essenziale per promuoverne il rilancio e dare una prospettiva di stabilità), investire in nuovi mezzi e in innovazione tecnologica affinché, insieme a una nuova organizzazione del lavoro, si possa aumentare la produttività, intervenire sul Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, riequilibrando le risorse da destinare a Roma, tenuto conto delle dimensioni geografiche e demografiche della Capitale, garantire la stabilità della governance aziendale per rendere credibile e praticabile l’implementazione del piano industriale, costituire una multi-utility pubblica capace di offrire un trasporto pubblico locale integrato attraverso l’accorpamento di Atac, Cotral e l’intera offerta regionale di Trenitalia".

In conclusione, Michele Azzola chiede "di realizzare un cambio di paradigma economico e gestionale che abbia come perno centrale il ferro, anche attraverso l’utilizzo delle migliaia di chilometri di binari che attraversano la città. Nella pratica ciò si traduce in nuove e molteplici modalità di produrre valore economico e sociale da parte delle istituzioni pubbliche, azzerando una volte per tutte gli appetiti di chi vorrebbe lucrare attraverso la costituzione di monopoli privati".