“Il Mezzogiorno ha particolari identità che necessitano d’iniziative mirate, ma c’è bisogno che qualcuno le indirizzi. Speriamo che il nuovo ministero del Sud, previsto dal governo Lega-M5stelle, abbia la forza e la sensibilità di orientare le politiche da attuare. Invece, se si continua a pensare - com’è stato fatto negli ultimi vent’anni - che il gap di sviluppo fra Nord e Sud si possa risolvere solo utilizzando i fondi europei, peraltro diminuiti, non si va da nessuna parte”. È quanto ha rilevato Delio Miotti, dirigente ricerca Svimez ai microfoni di "Economisti erranti", la rubrica di RadioArticolo1.

“I problemi strutturali del Mezzogiorno vanno affrontati; per farlo, ci vuole un progetto specifico che individui le cose da fare, per innescare un circolo virtuoso che contribuisca allo sviluppo dell’intero Paese, coma ha ribadito la Cgil. Noi siamo assolutamente su questa linea, cioè vorremmo che lo sviluppo del Nord si estendesse alle regioni del Sud, in considerazione anche del fatto che lo sviluppo mondiale futuro verrà dal Sud del mondo, in primis dall’Africa”, ha continuato Miotti. 

“Non esiste una strategia per il Meridione che non rappresenti anche un volano per lo sviluppo del Paese. Spero che al neoresponsabile del dicastero delle questioni meridionali sia data la possibilità di lavorare su questioni specifiche per il Sud, perché la Cgil ha messo al centro della sua politica la questione dello sviluppo del Mezzogiorno. Pensiamo che se non si affrontano i nodi del Sud, difficilmente potrà esserci uno sviluppo per l’Italia. Ma lavorare alle questioni delle regioni meridionali significa anche valorizzarne le opportunità, che sono diverse dal resto del Paese. Pensiamo ai vantaggi localizzativi, costituiti dal fatto che le regioni del Sud sono una specie di porto naturale in mezzo al Mediterraneo e in termini logistici potrebbero attirare una parte dei traffici commerciali che passano su quel mare. Parimenti, la valorizzazione del patrimonio ambientale del Meridione potrebbe avere ricadute estremamente importanti in termini economici, dal turismo all’agroindustria, alla transizione energetica che dovrebbe caratterizzare tutto il nostro sistema produttivo, dove il Sud potrebbe essere un laboratorio”, ha poi affermato Jacopo Dionisio, responsabile Cgil politiche coesione territoriale e Mezzogiorno.

Ci auguriamo che il nuovo governo Lega-M5stelle porti avanti i provvedimenti iniziati dagli ultimi esecutivi a proposito delle regioni meridionali. Vi sono alcune misure cui va data continuità: penso innanzitutto alle Zes - le zone economiche speciali -, a una serie d’interventi infrastrutturali previsti dentro i patti per il Mezzogiorno, dove ci sono risorse stanziate o programmate per il completamento di lavori importanti, come bonifiche, grandi assi autostradali e ferroviari”, ha proseguito Dionisio.

“La politica infrastrutturale impone una logica e una visione della politica dello sviluppo nazionale. Cosa che non è più stata in questo Paese dopo il 1990, all’epoca della fine della Cassa per il Mezzogiorno. Abbiamo rinunciato ad avere una strategia complessiva dei fenomeni, delegando alla Comunità europea la gestione della coesione, della convergenza territoriale. Le infrastrutture, materiali e immateriali, sono fondamentali - su questo, noi abbiamo insistito a lungo -: non è solo un problema di costruire un metro in più o in meno di strade o ferrovie, è un problema di servizi che queste reti sono in grado di assicurare, con l’obiettivo di avvicinare il Sud al Nord, connettendo le diverse aree metropolitane. Sono proprio i servizi a creare un mercato, ad accrescere la produttività, a incentivare ricchezza e sviluppo”, ha aggiunto Miotti.