“La situazione permane negativa e i conti non tornano. Lo conferma l’Istat, che segnala come i dati più recenti della nostra economia delineano uno scenario di persistente debolezza”. Lo ha affermato Riccardo Sanna, responsabile del dipartimento sviluppo della Cgil nazionale, in collegamento con Italia parla, su RadioArticolo1.

 

 

“La nota di variazione del Documento di economia e finanza, presentata dal governo – ha spiegato il dirigente sindacale – prevede una crescita programmatica giudicata da tutte le istituzioni - dalla Banca d’Italia alla Corte dei Conti - piuttosto irrealistica. Ciò non promette nulla di buono, perché immagina ancora forti tagli alla spesa pubblica e di nuovo scommette sugli investimenti privati, mentre quelli pubblici rimangono fermi. Il contributo maggiore va sempre agli incentivi alle imprese e si punta a non aumentare l’Iva, come se questo aspetto, da solo, producesse una corsa ai consumi. Per il Fondo monetario internazionale - che ieri ha tagliato le stime di crescita per l’Italia -, siamo l’unico Paese, tra le principali economie industrializzate, che vede al ribasso la previsione per il 2017: alla fine, il nostro divario si allarga e la crescita resta sempre più residuale, con un’ulteriore riduzione dei salari reali e la disoccupazione ferma al 10%”.

“Al contrario – ha osservato ancora il sindacalista –, noi continuiamo a pensare che è necessario un Piano straordinario di sostegno al reddito e all’occupazione, soprattutto giovanile e femminile, perché sono quelli i grandi record negativi che ha il nostro Paese, accompagnato  da investimenti pubblici, soprattutto in innovazione e infrastrutture – in primis, sulla messa in sicurezza del territorio contro i rischi sismici e idrogeologici, in pratica il progetto casa Italia - che aiutino il sistema delle imprese a crescere e soprattutto a creare lavoro. Più in generale, il punto è riuscire a garantire una crescita dell’1%, con misure realistiche ed espansive. Allora i conti torneranno a posto da soli, anche se si dovesse spendere di più e creare un maggior deficit. Nel nostro Piano straordinario dell’occupazione noi abbiamo immaginato risorse per 10 miliardi all’anno per tre anni, gli stessi su cui scommette il piano Industria 4.0 del governo, per quanto riguarda gli investimenti privati. Simulazioni alla mano, deficit e debito sarebbero sostenibili; certo, bisognerebbe sfruttare tutti i margini di bilancio, e non prevedere una discesa del debito più o meno rigida che continui a fondarsi su un taglio della spesa e su una sezione iniqua delle entrate”.   

“Per quanto riguarda la prossima legge di stabilità, purtroppo, dobbiamo aspettarci altri tagli alla spesa per assolvere le promesse che il governo ha fatto l’anno scorso, cioè per pagare la riduzione dell’Ires – la tassazione sui profitti dal 27,5 al 24% -. Immaginiamo che il grosso della manovra - circa 15 miliardi – vada per la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, e un po’ di soldi siano destinati per i rinnovi dei contratti pubblici e per il pacchetto previdenza. Così come ci auguriamo che vengano reperite risorse per la detassazione della produttività legata a premi o al welfare aziendale. Su questo, naturalmente, il nostro giudizio è assai più controverso, mentre ci aspettiamo pochi spiccioli per gli investimenti pubblici, contando su quelli europei e su quelli che potrebbero scaturire dal maggior recupero dell’evasione. Alla fine, insomma, sarà una manovra tutta in stagnazione, che gioca ancora sullo zero virgola, da cui non ci si può aspettare nulla di più, oltretutto con il rischio che l’Europa ce la bocci”, ha concluso l’economista Cgil.