Sei milioni e mezzo di morti all’anno nel mondo per l’inquinamento atmosferico, causato prevalentemente dal settore energetico basato sulle fonti fossili: questo l’allarme lanciato dal primo rapporto speciale su “Energia e inquinamento dell’aria” dell’Aie, Agenzia internazionale per l’energia (Iea – International energy agency), presentato a Londra nei giorni scorsi. Una stima che, a giudizio degli autori dello studio (http://www.iea.org/publications/freepublications/publication/weo-2016-special-report-energy-and-air-pollution.html), potrebbe essere destinata ad aumentare in modo significativo nei prossimi decenni, se non saranno adottate azioni determinanti per ridurre le emissioni in questione.

L’inquinamento atmosferico è un problema globale, in particolare per le popolazioni più povere; ma nessun Paese ne è immune. Il monitoraggio dei livelli di inquinamento mostra che l’80% delle popolazioni che vivono nelle città respira aria che non rispetta i limiti di qualità fissati dall’Organizzazione mondiale della sanità. L’Aie, in questo suo primo rapporto, mette in luce i legami tra inquinamento atmosferico e salute, proponendo i possibili cambiamenti che il settore energetico potrebbe adottare per frenare l’impatto negativo sulla qualità dell’aria. L’inquinamento viene indicato come la quarta più grande minaccia per la salute umana, dopo la pressione alta, le diete povere e il fumo.

La fonte principale di emissioni di inquinanti atmosferici proviene soprattutto dalla combustione di carburanti. Milioni di tonnellate di questi inquinanti vengono rilasciati in atmosfera ogni anno, dalle fabbriche, dalle centrali elettriche, da auto e camion, dagli impianti di riscaldamento e dall’uso di stufe e combustibili (fortemente inquinanti) per la cucina – soprattutto legno, carbone di legna e altre biomasse – usati prevalentemente dalle popolazioni dei Paesi più poveri.

Fonte: Aie – World energy outlook special report 2016, "Energy and air pollution"

Il rapporto evidenzia la necessità di una crescente attenzione al problema, accelerando la transizione energetica, anche in considerazione degli impegni assunti nella Conferenza sul clima di Parigi. La riduzione delle emissioni globali di questi inquinanti sta registrando un lento declino e, di conseguenza, il problema è ben lungi dall’essere risolto, permanendo peraltro forti differenze regionali: le emissioni si riducono nei paesi industrializzati (in Cina i segnali di riduzione sono consolidati), ma aumentano in India, nel Sud-Est asiatico e in Africa, dove è in forte crescita la domanda di energia.

“L’aria pulita è un diritto umano fondamentale che la maggior parte della popolazione mondiale non ha”, sostiene il direttore esecutivo dell’Aie Fatih Birol. Birol sottolinea che i governi non intervengono adeguatamente, nonostante siano disponibili politiche energetiche e tecnologie in grado di ridurre l’inquinamento atmosferico, portare benefici per la salute, fornire un accesso più ampio all’energia e migliorare la sostenibilità economica e sociale. L’altro diritto universale negato è quello dell’accesso all’energia. La povertà energetica rimane un grave problema globale: 1,6 milioni di persone, il 20% della popolazione mondiale, non ha accesso regolare all’elettricità.

Come bene riassume il settimo degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Onu, occorre garantire l’accesso all’energia a prezzi accessibili. Un diritto da coniugare – dando nel frattempo una risposta a tre miliardi di persone che ancora fanno affidamento su legno, carbone o rifiuti di origine animale per la cottura dei cibi e il riscaldamento – alla riduzione delle emissioni climalteranti, di cui l’energia è il contribuente dominante, rappresentando circa il 60% delle emissioni globali di gas a effetto serra totali.

Non solo lo studio. Il rapporto Aie presenta anche le sue proposte strategiche, dimostrando come scelte di politica energetica sostenute da modesti investimenti nel settore possano produrre entro il 2040 un netto miglioramento per la salute, riducendo le morti premature da inquinamento dell’aria esterna e quelle da inquinamento domestico. Analizzando però un altro documento presentato dalla stessa Aie a Parigi il 28 giugno (“Il ruolo dell’energia nucleare nel mix energetico di domani”), vediamo come nella strategia dell’Agenzia la risposta alla riduzione delle emissioni sia determinata da un diverso mix energetico, che prevede, sempre per il 2040, un uso per il 29% di fonti fossili e una crescita dall’11 al 18% del nucleare.

Se le analisi dei problemi elaborate dall’Aie paiono condivisibili, non lo sono affatto le soluzioni indicate. Per la Cgil l’accesso universale all’energia e il diritto alla salute, incluso quello a una buona qualità dell’aria, devono essere garantiti accelerando la transizione energetica al 100%, l’efficienza energetica e le energie rinnovabili. Le soluzioni rientrano nell’ambito delle scelte politiche, le opzioni possibili sono varie.

Uno studio della Stanford University dimostra come già oggi esistano le soluzioni tecniche per programmare una transizione globale al 100% con energie rinnovabili da vento, acqua e solare. Per l’Italia questo scenario nel 2050 consentirebbe di creare più di 520mila posti di lavoro, un’efficienza energetica del 34%, la possibilità di salvare ogni anno più di 20mila persone dalla morte per inquinamento dell’aria, con una riduzione del Pil pari al 5,9% relativamente ai costi sanitari e riducendo notevolmente il costo dell’energia.

Le politiche energetiche globali sono state finora determinate dallo strapotere delle lobby del fossile e hanno causato drammatiche conseguenze in termini di inquinamento, cambiamenti climatici, danni alla salute umana, morti e ingiustizia sociale. Ora la transizione verso un sistema energetico sostenibile ed equo, sostenuto dalla democrazia energetica, dal coinvolgimento delle comunità e dalla generazione distribuita dell’energia sono il fattore determinante per avviare il cambiamento radicale necessario verso lo sviluppo sostenibile.

Simona Fabiani, area politiche di sviluppo Cgil
Silvana Cappuccio, area politiche europee e internazionali Cgil