515.000 firme per quattro referendum. Le hanno depositate questa mattina, in Cassazione, i rappresentanti del Comitato referendario scuola pubblica – tantissime associazioni e sindacati, tra cui la Flc Cgil –. Un primo traguardo verso un obiettivo ambizioso: quello di cancellare alcuni degli aspetti più negativi della legge 107 sulla “Buona Scuola”, una serie di norme che stanno tentando di ridisegnare il nostro sistema di istruzione rendendolo, a giudizio dei promotori dei quesiti, meno democratico e più diseguale, anche leggendolo in relazione ai continui disinvestimenti nel settore, come denuncia anche oggi un soggetto insospettabile come la Corte dei Conti.

“Un ottimo risultato – si legge in un comunicato dei promotori – che corona tre mesi di impegno diffuso in tutto il Paese, dove decine di migliaia di attivisti e attiviste hanno portato avanti una campagna di raccolta firme che ha fatto seguito alla mobilitazione straordinaria dell'autunno scorso contro questa riforma”.

I quattro capitoli della “Buona Scuola” che si vogliono sottoporre al giudizio popolare sono alcuni dei cardini del provvedimento: il potere riservato al preside nella scelta dell’organico; l’obbligatorietà e il senso didattico dell’alternanza scuola-lavoro; le donazioni private alle scuole (school bonus); il meccanismo di valutazione degli insegnanti che, anche in questo caso, dà un potere quasi assoluto al dirigente scolastico. “Nel 2015 abbiamo messo in campo un movimento straordinario contro la legge sulla ‘brutta scuola’ con assemblee, scioperi e manifestazioni – spiega Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil . Nonostante questo dissenso così diffuso, il governo con un voto di fiducia ha fatto passare norme che stanno mettendo in discussione il ruolo e la funzione della scuola pubblica. In questo scenario riteniamo giusto far esprimere i cittadini, perché la scuola è un bene comune, un grande patrimonio del paese”.

LEGGI ANCHE Il referendum va a scuola

I questiti
Il primo riguarda il cosiddetto School Bonus.
La legge 107 prevede consistenti sgravi fiscali (65% per il 2015 e il 2016, 50% per il 2017) a quelle persone che donano contributi a istituti pubblici e paritari. Si chiede, pertanto, di abrogare questa norma con la quale, secondo i promotori, si aggira innanzitutto il dettato costituzionale secondo cui le scuole private debbono funzionare “senza oneri per lo Stato”. La contrarietà dei promotori, però, non è solo su questo aspetto, ma riguarda anche la modalità delle donazioni alle scuole pubbliche. Queste, infatti, non vanno al sistema nel suo complesso, ma al singolo istituto e in questo modo si attirano risorse in contesti e zone del paese in cui le famiglie sono più ricche.

Due degli altri quesiti affrontano il potere eccessivo, secondo sindacati e associazioni, conferito dalla legge 107 ai presidi. Rispetto al primo, la legge 107 ha introdotto surrettiziamente la cosiddetta “chiamata diretta” degli insegnanti: se vince il "sì il dirigente scolastico non potrà più, a sua discrezione, scegliere e confermare o mandar via dopo tre anni i docenti. L’assegnazione dei docenti alle scuole avverrà, spiegano i referendari, "con criteri oggettivi e senza il ricatto della scadenza". Se invece le regole rimarranno quelle stabilite dalla riforma Renzi, la prima conseguenza è chiara: nascerà una sorta di classifica tra scuole d’élite e scuole di “scarto”, dove andranno a finire i docenti "scartati" dai dirigenti. 

Il sito dedicato ai quattro referendum | La pagina Facebook

L’altro quesito, sempre in tema di dirigenti scolastici, ha a che fare con il tema della valutazione dei docenti che la “Buona Scuola” affida discrezionalmente al preside che può disporre di una quota di salario con la quale premiare gli insegnanti che lui ritiene “migliori”, ma con il rischio evidente di premiare quelli più "allineati". Se vince il sì, il fondo annuale da 200 milioni si conferma salario accessorio per valorizzare tutti i docenti, precari inclusi, ed è pertanto inserito nella contrattazione integrativa nazionale e di scuola.

Infine, con un altro quesito si vogliono abolire alcune delle norme che riguardano l’alternanza scuola lavoro. Con il sì viene abrogato il limite minimo fissato per legge di 400-200 ore in azienda (istituti tecnici e professionali e licei). Potranno così decidere le singole scuole quando, dove e come pianificare esperienze professionali coerenti con gli obiettivi del proprio Piano di Offerta Formativa, evitando di perdere ore di lezione anche in assenza di esperienze di lavoro formative, solo per ottemperare a una formalità.