I rinnovi contrattuali dei lavoratori tessili ed elettrici e le vertenze di Tirreno Power ed Eni-Versalis sono stati gli argomenti principali dell’intervista di oggi di RadioArticolo1 a Emilio Miceli, segretario generale Filctem. “Per quanto riguarda la trattativa del ccnl degli elettrici – ha esordito il dirigente sindacale –, il negoziato si era interrotto il 27 maggio e riprende domani. Assistiamo a un atteggiamento dilatorio da parte della controparte datoriale, che punta a prendere tempo, non so per quale prospettiva. Noi abbiamo chiesto che si potesse andare direttamente a discutere di questioni essenziali, ma temo che al tavolo dovremo ricominciare a parlare d’intelaiatura del contratto con Assoelettrica Utilitalia, che, al momento, non sembra avere l’intenzione di arrivare a un accordo. Siamo in una fase di stallo, in cui molte associazioni imprenditoriali aspettano che da Federmeccanica possa arrivare qualche soluzione o suggerimento utile sui contratti. Una subalternità del genere non fa bene alla contrattazione e rende tutto ancora più complicato. Nel caso degli elettrici, si tratta di un fenomeno carsico, per i tessili, invece, è più manifesto”.   

 

 

“Secondo l'impostazione unitaria che ci siamo dati – ha proseguito il sindacalista –, non siamo disponibili ad accettare un’imposizione del governo sul versante delle relazioni del sistema contrattuale. Quindi, ben venga la presa di posizione del nuovo presidente di Confindustria, che rimanda all'autonomia delle parti. Boccia poi ha detto una cosa in più: sì al confronto con Cgil, Cisl e Uil, a prescindere dal rinnovo dei contratti, che sono situazioni nella legittima autonomia dei soggetti interessati. Sono due elementi che trovo positivi; il problema è che dovrebbe anche dire alle proprie associazioni datoriali di non allungare i tempi e provare a trovare delle soluzioni in grado di poter chiudere la stagione contrattuale, ma questo manca”. 

"Oltre ai 700.000 lavoratori dei nostri comparti, vi sono altri milioni di addetti in attesa di ccnl: pensiamo a grande distribuzione e pubblico impiego. Il contratto nazionale è una questione nazionale, e le posizioni di Federmeccanica e del ministro Madia sono speculari. Il governo vuole dare soldi solo a una parte dei lavoratori, così come le imprese metalmeccaniche. Una sinergia sbagliata e preoccupante, perché rischia di eccitare gli animi e di condurre il Paese in situazioni assai difficili. In nessun tavolo si sono avanzate pretese fuori dall'ordinario, abbiamo chiesto solo la rivalutazione dei salari in base dell'inflazione, peraltro bassissima, in grado di poter sopportare uno sforzo delle imprese. C'è una posizione ideologica da sconfiggere, l'idea secondo cui il salario non può più essere una certezza del lavoratore e il rapporto tra salario e prestazione lavorativa deve venir meno. Cose che, ovviamente, ci vedono del tutto contrari”.

“Passando alle vertenze aziendali – ha proseguito l’esponente Cgil –, l'emergenza più seria è costituita da Tirreno Power, con una situazione gravissima a Vado Ligure - dove chiudono le centrali termoelettriche -, aggravata da un quadro produttivo molto precario su quell'area, in cui sono in gioco 165 posti di lavoro. Per il 28 giugno abbiamo proclamato uno sciopero, con una manifestazione nazionale. Siamo in una fase di transizione assai difficile, perché cala la domanda, la crescita non c’è e, di fatto, si assiste a un cambiamento di modello verso le rinnovabili. Tutte questioni che se non sono sorrette da un’azione del governo, in grado di aiutare tali processi, rischiano di causare un aggravamento dal lato occupazionale e sociale”.

“Altra vertenza, quella della chimica dell’Eni – ha aggiunto il leader Filctem –, dove l’ad Descalzi ci ha presentato il piano industriale 2016-2019, ma rimane in piedi la vicenda Versalis-Sk Capital. È evidente che il gruppo sia in difficoltà, ma è la medicina scelta che ci preoccupa. Immaginare di restringere un colosso del genere al solo comparto dell’oil and gas, abbandonando l’insieme delle altre attività, tutte importanti per l’Italia, non lo condividiamo affatto. Eni è uno dei punti di forza del sistema industriale del nostro Paese, poi c'è la chimica, uno degli asset strategici principali, e non credo che una grande azienda possa condurre in porto una trattativa con un fondo americano che ha sede sociale in un paradiso fiscale”. 

“Infine, segnalo Luxottica – ha concluso Miceli –, dove sono state raccolte circa 500 firme, nell’ambito della Carta dei diritti universali del lavoro. Sono moderatamente soddisfatto di come la categoria ha reagito alla campagna Cgil. E Luxottica non è l'unico caso positivo. Questo ci conferma che non si può fare una riforma del lavoro tenendo conto solo delle esigenze delle imprese: il diritto del lavoro nasce per tutelare i più deboli, mentre da noi si è capovolto il paradigma, ma un governo non può essere partigiano fino a questo punto. L'esigenza della Cgil è rimettere al centro un diritto del lavoro che abbia la sua connotazione originaria, elemento-chiave per una democrazia, riequilibrando il rapporto tra lavoratore e impresa”.