L’Italia non è un paese per donne, e le statistiche lo confermano. Parliamo di numeri che analizzano le dinamiche di società, lavoro ed economia. Ma parliamo, prima di tutto, di questioni di genere e di Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali Istat, rimossa dal suo incarico con decorrenza dal prossimo 15 aprile. L’estromissione della Sabbadini, ricercatrice stimata a livello internazionale, è un avvenimento che non può passare inosservato, considerato che è stata pioniera, ben due decenni fa, nel raccontare le questioni di genere in Italia attraverso la statistica.

Sabbadini fu una delle prime studiose a denunciare le disparità sul piano sociale, familiare e lavorativo di cui soffrivano le italiane. Nel 1995, grazie alle sue ricerche alla Conferenza internazionale di Pechino, tutto il mondo ha saputo che le donne italiane erano quelle che, a livello globale, accumulavano il maggior numero di ore lavorative tra cura domestica e impegno fuori casa. Di recente è stata inserita nella lista delle “100 eccellenze italiane”. Prima ancora ha fatto parte della commissione Onu incaricata di stabilire i parametri statistici utili nello studio delle violenze sulle donne e di altri organismi della Commissione europea.

Il suo è un curriculum di grande livello, come altrettanto grande è il contributo che in questi anni ha dato affinché nelle statistiche ufficiali si riducesse l’approccio economico-centrico e fossero messe in luce le vite dei cittadini, uomini e donne, e considerate le differenze e le marginalità. Non appena trapelata la notizia dell’esclusione dall’organigramma è scattato un vero e proprio tam-tam nella rete: una valanga di tweet di solidarietà, una petizione sulla piattaforma Change, mail bombing contro il premier Matteo Renzi e il presidente dell’Istat Giorgio Alleva e diversi gruppi di mobilitazione su Facebook, che – nel giro di poche ore – hanno raggiunto migliaia di iscrizioni.

Gli studi di Linda Laura Sabbadini sono stati preziosi per approfondire molti aspetti quali la violenza di genere, i dati sull’occupazione femminile, le indagini sulla povertà e la condizione delle donne immigrate. Un lavoro importante dal punto di vista scientifico e culturale che non a caso è stato più volte citato come fonte negli approfondimenti contenuti nell’Agenda Mia, la pubblicazione annuale che Edit. Coop ha realizzato dal 1996 al 2015, ideata per aiutare le donne a orientarsi e muoversi meglio nel mondo del lavoro e nelle molteplici attività della vita quotidiana. Nei social (e non solo) l’indignazione è alta perché non è ammissibile mettere all’angolo una professionalità preziosa come quella della Sabbadini. C’è chi dice che sia “illusorio sostituire le ricerche con la mera raccolta dei dati”, e questa critica appare ragionevolmente sensata.