La Cgil e la politica (e, in tempi come questi, l’antipolitica). Nello stralcio dell’intervista a Critica marxista pubblicato oggi da Il Manifesto, Susanna Camusso affronta anche questo tema “caldo”. “Io vedo soprattutto due problemi – afferma il segretario generale della Cgil –: il primo è che dobbiamo fare una grande attenzione a non diventare un canale dell'antipolitica, tentazione che ogni tanto vedo emergere in altri settori sindacali. In questo momento se si va in un'assemblea e si parla male della politica si viene travolti dagli applausi. Ma guai ad assecondare una spinta che al fondo è autoritaria e antidemocratica. (…) A rischio di apparire eretica, voglio dire che tra l'enfasi sulle primarie, i personalismi e i leaderismi, la virtualità dei partiti, si è finito per vanificare la possibilità che la politica sia un luogo di partecipazione effettiva. Dove ci si possa esprimere, contare nelle scelte. In fondo noi appariamo diversi proprio perché siamo una realtà di massa, e non possiamo né vogliamo sottrarci a un rapporto con i lavoratori, le assemblee, gli attivi, le manifestazioni. Credo che qui risiede il nostro ‘fascino’”.

“Il secondo problema che vedo – dice Camusso – è però che la domanda verso il sindacato guarda a un soggetto capace di indicare un'alternativa, un'altra idea di società. In questo caricandoci di una responsabilità molto generale, che va oggettivamente al di là della nostra funzione. Ma sono anche convinta che anche a questa richiesta dobbiamo sapere rispondere, sia pure interpretando diversamente la domanda. In una frase: non possiamo essere noi l'alternativa, ma possiamo contribuire a tenere aperta la prospettiva di un'alternativa. Per esempio, rappresentare un interesse generale non vorrà certo dire accettare politiche rigoriste sul debito che rischiano di uccidere l'economia gli italiani. No, vogliamo occuparci di cittadini, lavoratori, imprenditori vivi. Serve quindi un'altra politica.