Alle 8,30 di oggi, 31 maggio, presso il cimitero romano del Verano la Cgil deporrà – in occasione dell'anniversario della scomparsa di Luciano Lama – una corona di fiori presso la sua tomba. Alla commemorazione saranno presenti il segretario generale Maurizio Landini e la famiglia Lama

Il 31 maggio 1996 muore a Roma Luciano Lama, partigiano, sindacalista e politico, segretario generale della Cgil dal 1970 al 1986. La sua parabola alla guida del più grande sindacato italiano è racchiusa tra due estremi opposti: diventa segretario generale della Cgil nel 1970, a poche settimane dall’autunno caldo, cioè  dal punto più alto raggiunto dal sindacato in termini di potere nella sua storia. Al momento della sua uscita dalla confederazione, avvenuta nel 1986, sei anni dopo la terribile sconfitta alla Fiat di Torino con la “marcia dei quarantamila”, dopo la rottura della Federazione unitaria nel 1984 e la sconfitta nel referendum sulla scala mobile nel 1985, il sindacato - soprattutto la Cgil - tocca uno dei punti più bassi, di maggiore debolezza nel suo percorso.

A lui l’Italia deve molto: ha saputo unire e tenere insieme nei momenti difficili, senza strafare nei momenti delle conquiste, senza arretrare nei momenti delle sconfitte. Anche nelle fasi più critiche degli attacchi alla democrazia. Anche in quelle di arretramento e divisione sindacale.

A pochi giorni dalle elezioni europee lo ricordiamo attraverso le parole - attualissime - di Sergio Flamigni, partigiano, parlamentare del Partito comunista italiano dal 1968 al 1987, membro delle Commissioni parlamentari d’inchiesta sul caso Moro, sulla Loggia P2 e Antimafia, pronunciate in occasione del primo anniversario della morte (qui la versione integrale del ricordo).

“Ho pensato - dirà nell’occasione Flamigni - che il modo migliore, per me, di ricordare Luciano, fosse quello di testimoniarvi il percorso che lo portò alla segreteria generale dell’appena ricostituita Camera del lavoro di Forlì. Per chi - studioso, storico, ricercatore - volesse impegnarsi in una biografia di Luciano; o studente, volesse elaborare una tesi di laurea su Luciano; ed anche per mantenere viva la storia fra di noi, ho pensato di ovviare alla lacuna formale esistente e di rendere una testimonianza ufficiale da mettere agli atti”.

“Ho conosciuto Luciano Lama nel 1944 - racconta Flamigni - durante la guerra di Liberazione, in un momento difficile e di riorganizzazione della Resistenza in Romagna. In aprile le brigate partigiane attestate sulla zona montagnosa della nostra provincia, pur infliggendo perdite ai nazifascisti, avevano subito una dura sconfitta militare ed erano state scompaginate dal rastrellamento compiuto da reparti fascisti e da una divisione delle SS tedesche che portava il nome di Hermann Goering, uno dei più autorevoli gerarchi nazisti che alla fine del conflitto è poi stato processato e giustiziato dal tribunale di Norimberga per crimini di guerra”.

Flamigni quindi prosegue: “Negli organi dirigenti clandestini del Pci si era discusso molto delle cause di quella sconfitta, dei rimedi da adottare. Ricordo una riunione svolta a San Leonardo con l’intervento di un compagno del Comando generale delle Brigate Garibaldi dove venne deciso di svolgere un nuovo lavoro politico e organizzativo per estendere la lotta partigiana su tutto il territorio romagnolo. Furono stabiliti i nuovi criteri dell’organizzazione dei partigiani in montagna, formando l’Ottava Brigata, comandata da Pietro Tabarri” (leggi la versione integrale).