Il cuore del problema della presunta riforma della sanità territoriale è che abbiamo già dimenticato la tragica lezione della pandemia e stiamo perdendo l'occasione, forse l'ultima, di salvare i servizi pubblici: sanità, istruzione, ricerca, cultura, ambiente, lavoro, che complessivamente costituiscono, o meglio dovrebbero costituire la spina dorsale di un paese che tutela la salute delle persone come valore primario, anche dal punto di vista economico. Prova drammatica di quanto affermo è il preoccupante definanziamento, previsto nel Def, appena varato dal governo e all’attenzione del Parlamento, di scuola e salute a vantaggio del finanziamento per gli armamenti. Indecente.

Con il Pnrr avremmo potuto e dovuto potenziare i servizi pubblici, e invece il Piano di finanziamenti europei sta diventando una fonte di profitto per il privato. La missione 6 che per la sanità investe su strutture e digitalizzazione, non è accompagnata in nessun modo da investimenti di risorse sul personale, il tetto di spesa, infatti, fermo al 2018 più un 15%, non è stato sbloccato. Nonostante la pandemia che ci ha fatto misurare sulla pelle di pazienti e operatori sanitaria la cronica insufficienza di medici infermieri, tecnici e oss, non si potrà assumere e le regioni faticano a stabilizzare i precari come raccontano le cronache che arrivavo dal Piemonte alla Sicilia. È ovvio che senza professionisti le strutture realizzate con i finanziamenti del Pnrr per il potenziamento dell'assistenza territoriale dovranno essere esternalizzate, il rischio che vengano appaltate al privato è molto concreto.

Anche la riforma della medicina generale rischia di essere un buco nell'acqua, oggi non se ne parla più, e quella che era comparsa era una finta riforma che di fatto lasciava i medici di famiglia isolati nei loro studi, fuori dal contesto delle case di comunità, a eccezione di qualche ora a settimana ciascuno, liberi professionisti pagati per quota capitaria, ovvero un tot a paziente. Noi chiedevamo e continuiamo a chiedere una vera riforma con un graduale passaggio al rapporto di lavoro di dipendenza anche per i medici di medicina generale, magari a iniziare da quelli che avrebbero potuto lavorare nelle case di comunità, lasciando gli altri negli studi, ma niente il ministero, al momento, non ne vuole sentir parlare, e davvero non ne comprendiamo le ragioni, era solo una questione buon senso.

Insomma, sembra che tutto vada inesorabilmente nella direzione di favorire il privato, la libera professione, e la sanità integrativa. L'ultima vicenda di quel che sembrerebbe un vero e proprio progetto, a cui stiamo assistendo con terrore, è la convenzione che la Ministra degli Interni Lamorgese ha stipulato con il gruppo privato S. Donato per le prestazioni sanitarie ai dipendenti, un orrore che sta passando sotto silenzio generale.

Intanto noi operatori sanitari nei servizi pubblici stiamo soccombendo sotto al crescere delle liste di attesa. Da ex eroi lanciamo l'ennesimo grido di allarme: serve personale.

Andrea Filippi è responsabile della Fp Cgil Medici