Il Digital Divide è un’espressione che indica l’esclusione digitale, ovvero il divario esistente tra le persone che hanno accesso alle nuove tecnologie e quelle che ne sono escluse. 

I gruppi sociali che oggi risultano ulteriormente svantaggiati dal gap digitale sono: 

Gli anziani;
Gli immigrati;
I detenuti, i disabili e le persone poco istruite;
Le donne disoccupate.

Alla base del divario tecnologico possono esserci varie ragioni: 

Infrastrutturali: la mancanza di una rete internet adeguata, la scarsa velocità e gli eccessivi costi;

Socio – culturali: ovvero le competenze digitali degli individui che dipendono da questioni generazionali, culturali e linguistiche, dall’impossibilità di accesso a PC e supporti tecnologici e da questioni di reddito; 

Territoriali: le caratteristiche del territorio (macro aree geografiche, aree interne, aree periferiche delle aree metropolitane, aree montane, isole, ecc.) possono rendere difficile non solo la presenza di una connessione internet adeguata, ma anche la possibilità di acquistare strumentazione tecnologica e accedere a centri e servizi di assistenza tecnica.

Ciò porta a distinguere tre tipologie di Digital Divide:

Globale: relativo alle differenze di sviluppo socio economico tra paesi più o meno avanzati;
Sociale: relativo alle differenze socio- economiche interne a ogni singolo paese;
Democratico: relativo alla possibilità di comunicare e di partecipare alla vita politica e sociale attraverso le tecnologie.

L’esclusione digitale non solo rende difficile l’accesso al mondo del lavoro e dei servizi sia pubblici che privati (es la prenotazione prestazioni sanitarie, la richiesta certificati, l’attivazione dello Spid- Sistema Pubblico di Identità Digitale, etc) ma impedisce anche di usufruire al meglio dei diritti di cittadinanza e di partecipazione.  
Esistono due approcci all’analisi del divario digitale: la tesi della normalizzazione, da più parti auspicata, che sostiene che il progressivo livellamento delle competenze digitali andrà gradualmente a normalizzare il divario informatico, e la tesi della stratificazione che sostiene invece che le disuguaglianze legate al divario digitale cresceranno nel tempo con effetti sempre più discriminanti per gli esclusi digitali. 

Si evidenzia che in Italia nel 2015 viene approvata la Dichiarazione dei doveri e diritti in Internet, che sancisce il “diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”. 

A partire da un breve excursus storico sul Digital Divide, a livello internazionale, possiamo individuare due tappe significative: la prima risale agli anni ’90 con l’inizio del dibattito pubblico sull’importanza dell’inclusione digitale, la seconda al 2012, con l’approvazione della risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell’ONU in cui il tema entra in modo ufficiale nelle agende politiche internazionali. L’accesso al web viene riconosciuto come un diritto fondamentale dell’uomo e tutti gli stati membri vengono invitati a promuovere e facilitare l’utilizzo di internet. La rete viene definita “una forza nell’accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme”.

Pur avendo la transizione digitale assunto un’importanza sempre più rilevante negli ultimi anni, nell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione Europea del 2020 (DESI 2020), l’Italia è posizionata al terzultimo posto fra i ventotto Stati membri e, nell’ultimo rapporto ISTAT BES del 2020 (Benessere equo e sostenibile), risulta che un terzo delle famiglie italiane non ha ancora a disposizione un computer e/o l’accesso a Internet da casa. 

Un divario digitale che appare fortemente legato a fattori socio economici e culturali e che si riscontra maggiormente nel Mezzogiorno rispetto al Nord. Per fare fronte a questo gap e velocizzare la transizione digitale, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede di destinare 250 milioni di euro alla realizzazione di iniziative di formazione digitale e di portare, entro il 2026, il 70% della popolazione a essere digitalmente inclusa.