Riccardo ha 35 anni, un carattere scherzoso e una bella parlantina. A Milano è arrivato dalla provincia di Bari e nella sua nuova città frequenta amici provenienti da tutto il Meridione impegnati nelle più disparate professioni. Fin da piccolo è stato appassionato di meccanica e automobili. Se avesse continuato gli studi, avrebbe scelto ingegneria, invece dopo i primi lavoretti come barista, fattorino, agente assicuratore è stato assunto in una concessionaria automobilistica.
Con quel suo essere sempre sul filo dell’ironia, con i clienti non ha difficoltà, anzi in questi giorni gli mancano così come l’adrenalina del suo lavoro. “Chi viene da noi ha bisogno di un mezzo, la molla dell'acquisto è già scattata, il nostro compito è di non farli scappare e aiutarli a scegliere un’auto di cui saranno soddisfatti”. Dopo la crisi dei mutui subprime, Riccardo è stato uno dei primi a perdere il lavoro: “Ero il più giovane e non avevo ancora una famiglia e sono stato il primo a essere lasciato a casa. Ho preferito seguire il solco già tracciato da molti miei amici e sono finito a Milano”. Da quasi dieci anni lavora per una grande concessionaria milanese. È sposato e ha un bimbo che prima della chiusura delle scuole frequentava la materna.

Da un paio di settimane anche Riccardo è rimasto a casa. Per dieci giorni la sua azienda non ha comunicato le modalità dello stop. Poi ha deciso che i giorni di chiusura dovuti al Covid-19 serviranno a smaltire ferie e permessi arretrati. Un provvedimento unilaterale molto diffuso non solo a Milano, racconta Vincenzo Rubino, funzionario della Filcams della zona di San Siro della città meneghina. “Già dagli inizi di marzo - ricorda - abbiamo inviato molte lettere per comunicare alle aziende come l’imposizione unilaterale delle ferie non sia prevista dal contratto ma in molti impongono periodi di ferie forzate per bilanciare l’interesse dei lavoratori con quelli dell'azienda.

In realtà è ancora da mettere a punto il sistema degli ammortizzatori in deroga il cui iter burocratico, secondo Cgil, Cisl e Uil necessita di uno snellimento. Ancora Vincenzo Rubino: “Se tutto va bene, la cassa integrazione del mese di marzo rischia di essere pagata dall'Inps a giugno. Noi consigliamo, quando possibile, di usufruire dei congedi parentali aggiuntivi concessi dal decreto Cura Italia”. In assenza di delibere, i sindacati, hanno lanciato un appello alle aziende affinché anticipino gli importi degli assegni. Di fronte a questa situazione, l’istituto delle ferie permette di tenere botta almeno per questo primo momento di difficoltà. Rimane da capire come evolverà la situazione”.

Resta la necessità di tutelare quei lavoratori ancora soli di fronte all'azienda. Su questo Vincenzo Rubino è abbastanza franco: “Ovviamente nelle ditte non sindacalizzate abbiamo possibilità di incidere poco. Perché quando non è presente una rappresentanza sindacale attiva, non è facile conoscere determinate situazioni. Spesso bisogna attendere che il lavoratore chiami la Camera del lavoro per riferire le proprie difficoltà. Chi non è iscritto al sindacato rischia di pagare un prezzo più alto – sottolinea – perché si hanno meno informazioni, o per lo meno le si apprendono quando le decisioni sono già state prese. Perché non c'è un delegato sindacale che ti informa su quello che sta accadendo o su come funziona l'ammortizzatore sociale. Per questo è importante iscriversi al sindacato e in particolare alla Filcams Cgil. Perché comunque hai la possibilità di interfacciarti con delle persone che ti seguono, cercano di aiutarti e di metterti nelle condizioni di capire come muoverti”.

Riccardo si è appena iscritto.