Si è tenuto mercoledì 6 dicembre il primo incontro sul settore termomeccanica, cui hanno partecipato sindacati e associazioni datoriali (Assotermica e Assoclima). “Abbiamo manifestato – dicono Barbara Tibaldi (segreteria nazionale Fiom Cgil) e Loris Scarpa (coordinatore settore FiomCgil) – il problema della gestione della transizione energetica e l’impatto che ha, e avrà, sull’occupazione in termini di ammortizzatori sociali e riorganizzazioni aziendali, in particolar modo per quelle aziende metalmeccaniche che producono impianti di riscaldamento a gas”.

Un settore, quello della produzione di dispositivi per riscaldamento e raffrescamento a gas, a pompa di calore e ibridi, che opera nel mercato residenziale e industriale e che conta circa 20 mila addetti diretti, nelle oltre 140 aziende presenti in Italia - con una particolare concentrazione nel Centro-Nord - e con un fatturato complessivo che si aggira intorno ai cinque miliardi di euro.

“Un mercato – riprendono Tibaldi e Scarpa – che ha visto un’impennata grazie al bonus 110% e che ora si trova a fare i conti con un calo netto degli ordinativi, anche legato all’aumento dei costi e alla difficoltà di approvvigionamento dei componenti elettronici sui quali è basata la tecnologia dei dispositivi termomeccanici prodotti”.

In aggiunta a tutto ciò, pesano “sulla crisi del settore i ritardi italiani sull’elettrificazione e sulla conversione energetica previsti dal Pnrr e l’impreparazione sulle prospettive future, dopo la promulgazione della ‘Direttiva europea sulle case green’, che in ottemperanza dell’agenda Onu 2030, prevede il divieto di installazione di caldaie a gas a partire da gennaio del 2030”.

I due esponenti Fiom Cgil così concludono: “Un ultimo ulteriore problema per il nostro Paese, seppure siamo leader insieme alla Germania in queste tecnologie, è il ‘nanismo’ industriale a fronte delle grandi multinazionali presenti nel settore”.