"Altissima la partecipazione e l'adesione dei lavoratori dello stabilimento siderurgico di Taranto allo sciopero". Così Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil Taranto commentano lo stop di oggi (giovedì 4 luglio) di 24 ore dell'impianto ArcelorMittal e delle imprese dell'indotto e degli appalti collegate. "Questa prima azione di lotta - affermano i sindacati - ha fatto registrare un dato straordinario di adesione di oltre il 75 per cento, determinando la fermata degli impianti, comprese le due acciaierie. Lo sciopero è la prima risposta all'arroganza di ArcelorMittal che, unilateralmente, ha deciso di avviare la procedura di cassa integrazione ordinaria, nonostante l'invito delle organizzazioni sindacali a sospenderla, in attesa degli incontri istituzionali previsti al ministero dello Sviluppo economico in data odierna e il prossimo 9 luglio".

Lo sciopero è stato indetto per protestare contro l'avvio della procedura di cassa integrazione ordinaria da parte di ArcelorMittal per 1.395 dipendenti dello stabilimento di Taranto (ex Ilva). Tredici settimane di cassa per 1.011 operai, 106 intermedi e 278 impiegati, nonostante il mancato accordo sindacale e la richiesta di differire la decisione in vista degli incontri di oggi (alle ore 12) e di martedì 9 luglio (alle 16) convocati a Roma dal vicepremier Luigi Di Maio.

A partire da questa alta adesione, commenta Francesca Re David, segretaria generale Fiom,  "il Governo e ArcelorMittal ripensino la qualità del sistema di relazioni industriali che ha segnato questi primi mesi di presenza della multinazionale e che ha bisogno di una netta discontinuità rispetto al passato. Di tale esigenza ne è conferma l'atteggiamento che ArcelorMittal e il Governo hanno deciso di tenere al termine dell'incontro odierno. A nessuno sfuggono i comprensibili elementi di riservatezza. Tutto ciò non può, però, legittimare un atteggiamento che sostanzialmente consegna una vicenda di straordinaria rilevanza pubblica e sociale al silenzio dei protagonisti dell'incontro di oggi: il destino dell'ex Ilva non è una questione privata".

Tanto più, insiste Re David, "che l'incontro precede di 5 giorni la riunione del tavolo di monitoraggio al Mise, a cui le organizzazioni sindacali non intendono svolgere un ruolo di meri osservatori. Ci aspettiamo che l'incontro del 9 luglio consenta di affrontare i nodi veri ed irrisolti riguardanti il piano industriale, il risanamento ambientale e l'occupazione, alla luce delle vicende di queste settimane, a partire dal ricorso alla cassa integrazione e dalla normativa contenuta nel Dl Crescita. Ricordiamo, infatti, che è stata già avviata la cassa integrazione nello stabilimento di Taranto e che l'utilizzo delle ferie forzate negli stabilimenti di Genova e Novi Ligure rappresenta un segnale preoccupante che potrebbe portare all'estensione della cassa integrazione”.

Per i sindacati dei metalmeccanici tarantini "il risultato di oggi rappresenta una risposta netta e chiara alla dirigenza aziendale che deve necessariamente rivedere il proprio atteggiamento, tipico di una multinazionale. Non accetteremo il solito ricatto occupazionale e di contrapposizione tra lavoro e salute, continuando a sostenere quanto previsto dall'accordo del 6 settembre scorso". Fiom, Fim e Uil evidenziano anche i "lavoratori sociali e delle ditte di appalto rivendicano maggiori certezze rispetto al futuro occupazionale di questo territorio e soprattutto di porre fine al dumpimg contrattuale". In conclusione, i sindacati si aspettiano "anche un segnale dal governo che, con senso di responsabilità, deve occuparsi concretamente delle questioni che da tempo rivendichiamo: ambiente, salute e lavoro".

Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil di Taranto, rimarca che "siamo al 75 per cento di adesioni, con punte maggiori in alcune aree e reparti completamente fermi". L'esponente sindacale ricorda che "al di la di coloro che sono entrati non aderendo allo sciopero e delle comandate, che sono organizzate solo per garantire la sicurezza degli impianti e non la produzione, oggi a Taranto abbiamo una fabbrica sostanzialmente ferma". Nel frattempo, aggiunge, è scattata la cassa integrazione ordinaria "da parte dell'azienda, nonostante la nostra netta contrarietà e l'invito ad attendere gli incontri dal ministro Di Maio prima di procedere. Agli ammortizzatori sociali sono interessati le manutenzioni di stabilimento, nella misura del 20 per cento, e il Treno Nastri 1, fermo completamente come reparto". Il segretario Fiom tarantino ricorda anche che ArcelorMittal "sta facendo smaltire inizialmente le ferie ai lavoratori interessati prima di far partire la cassa integrazione. Si tratta di pochi giorni, perché col passaggio da Ilva in amministrazione straordinaria ad ArcelorMittal c'è stato l'azzeramento delle ferie pregresse. Chi non ha ferie da smaltire, è andato invece subito in cassa integrazione". 

Tornando alle motivazioni dello sciopero, i sindacati metalmeccanici rilevano che "ArcelorMittal ha deciso di fatto di voler proseguire unilateralmente, con l'avvio della procedura di cassa integrazione ordinaria, assumendosi una responsabilità che peserà nei rapporti futuri con i lavoratori e le loro rappresentanze". E sottolineano ch"nonostante i vari incontri, l'azienda ha mostrato una totale chiusura sulle richieste avanzate dai sindacati". Nello specifico, proseguono, abbiamo chiesto "uno slittamento dell'avvio della procedura della cassa integrazione, in attesa dell'incontro ministeriale previsto con noi il prossimo 9 luglio, provando a entrare nel merito sull'integrazione salariale, rotazione del personale e gestione delle ferie programmate". Per i sindacati, "tali richieste si rendevano necessarie per arrivare a un confronto con il ministro Di Maio e affrontare anche la complessità della vertenza ex Ilva e di quanto sta emergendo in queste settimane".

Lo sciopero di oggi a Taranto coincide con l'incontro che Di Maio avrà al ministero con ArcelorMittal per affrontare il nodo dell'immunità penale sul piano ambientale che, con la legge 'crescita' di recente approvata, è soppressa dal 6 settembre prossimo. L'immunità era stata istituita da una legge del 2015 e ora ArcelorMittal ne rivendica la continuità, perché costituisce la necessaria garanzia legale a portare avanti il piano di messa a norma ambientale del siderurgico. Di Maio ha assicurato una soluzione, pur ribadendo che non si può tornare alla vecchia norma, e ha auspicato "leale collaborazione" da parte dell'azienda.

(aggiornamento ore 12.56)