Sono centinaia i lavoratori di Acciaierie d’Italia e Jsw Steel Italy di Piombino (Livorno) arrivati a Roma per la manifestazione nazionale della siderurgia. La mobilitazione, accompagnata dallo sciopero generale di otto ore, prevede un corteo dalla stazione centrale (Termini) al ministero dello Sviluppo economico, passando anche per la sede del ministero del Lavoro. La protesta, organizzata da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, accomuna due importanti vertenze irrisolte da anni, nonché i due più grandi stabilimenti siderurgici italiani (ex Ilva ed ex Lucchini). E intende porre all’attenzione generale il tema della prospettiva del settore, segnato da bassi livelli produttivi di acciaio e migliaia di lavoratori in cassa integrazione.

“I lavoratori sono stanchi di promesse, di incontri che non vengono fatti, di non conoscere il loro presente e il loro futuro. Che è anche il futuro dell’industria di questo Paese, perché non c’è Pnrr senza acciaio”, dice la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David: “Continuiamo a non sapere qual è il destino di Acciaierie d’Italia, né di Piombino, dove il 7 gennaio finiscono gli ammortizzatori sociali. Siamo in mano alle multinazionali, e il governo non dice neanche una parola, rinviando gli incontri di giorno in giorno”. Sull'ex Ilva, in particolare, Re David precisa che "in luglio il governo ci aveva garantito che sarebbero state le ultime 13 settimane di cassa integrazione e che la nuova proprietà, con l'ingresso di Invitalia, avrebbe presentato il piano industriale. Ebbene, da allora sono letteralmente spariti, non sappiamo più nulla".

“Siamo di fronte all’ennesima disattenzione di governo e imprese riguardo impegni assunti e non rispettati”, ha spiegato nella conferenza stampa di martedì 9 novembre il segretario nazionale Fiom Cgil Gianni Venturi, presentando l’iniziativa chiamata “Il tempo è scaduto”. Per l’esponente sindacale la mobilitazione, che riguarda complessivamente 60 mila addetti (30 mila diretti e altrettanti nell’indotto), è “l’espressione della volontà del sindacato di incidere nel processo complessivo della decarbonizzazione e della transizione energetica e industriale del Paese, evitando una deindustrializzazione che si scaricherebbe sui lavoratori”.

Il segretario nazionale Fiom ha quindi evidenziato che “l’Italia in questi anni è divenuta un importatore netto di acciaio. La domanda è superiore all’offerta, e se non risolviamo queste vertenze dei grandi gruppi, la nostra dipendenza dall’estero salirà ulteriormente”. Ma la risoluzione ha bisogno della “cornice coerente del piano nazionale della siderurgia”, promesso da governo e ministri competenti ma ormai divenuto come “l’araba fenice, qualcosa di cui tutti parlano ma che nessuno ha visto o scritto. Il governo non ci può chiedere altro tempo, perché il tempo è abbondantemente scaduto”.

Federico Porrata, delegato Fiom Cgil Acciaierie d’Italia (Novi Ligure)

Le richieste dei sindacati
Per Acciaierie d'Italia, Fiom, Fim e Uilm sollecitano la presentazione di “un piano industriale credibile” con particolare riferimento a salari e livelli occupazionali, “investimenti sugli impianti, certezze per i dipendenti in amministrazione straordinaria e tutele per i lavoratori dell'indotto”. Grande importanza rivolgono alle “garanzie occupazionali per la decarbonizzazione, che deve essere socialmente sostenibile e non pagata dai lavoratori”. I sindacati, infine, denunciano anche “la mancanza di manutenzione per la sicurezza”, in particolare nel sito di Taranto.

Per la Jsw Steel Italy di Piombino (di proprietà della multinazionale indiana Jindal Group), i sindacati chiedono di “accelerare la due diligence e l'ingresso di Invitalia” nel capitale della società entro fine anno (compresi gli "investimenti annunciati e mai attuati"), il “revamping immediato degli impianti, oltre alle certezze sul piano industriale e alla realizzazione del forno elettrico”.