“Dopo sette anni di gestione della multinazionale svizzera, lo stabilimento è ancora fermo e forse in condizioni peggiori di quelle in cui lo ha lasciato l’Alcoa”. A dirlo sono Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil parlando della situazione della SiderAlloys di Portovesme (Sud Sardegna).

“Dopo aver utilizzato circa 100 milioni di finanziamenti pubblici – spiegano – e la dote lasciata dalla multinazionale americana per la reindustrializzazione dell’unico sito di produzione dell’alluminio in Italia, a oggi non sappiamo come siano stati spesi i denari pubblici e cosa sia stato realizzato. Sono stati riassunti poche decine di lavoratori dell’ex Alcoa, messi in cassa integrazione e per i quali SiderAlloys non versa i contributi”.

Continuano i sindacati: “Quei pochi che lavorano percepiscono in ritardo gli stipendi. Le ditte di subappalto non ricevono le spettanze per i lavori eseguiti. La restante parte di centinaia di lavoratori, che sono in attesa di ricollocazione, a stento sopravvivono con una misera indennità di mobilità”.

Fiom, Fim e Uilm si chiedono, a fronte di questo scenario, come sia “possibile che lo Stato voglia continuare a garantire, attraverso l’agenzia del governo Sace, ulteriori finanziamenti? È giunto il momento di decidere cosa occorre fare per garantire una vera reindustralizzazione del sito di Portovesme e non spendere i finanziamenti che non raggiungeranno l’obiettivo. Bisogna chiarire il ruolo di Invitalia che è socio di SiderAlloys”.

Le tre sigle così concludono: “Chiediamo che venga immediatamente convocato il tavolo di crisi al Mimit e fare un’operazione verità sulla vicenda. È dovere del governo dare le risposte chieste da anni dai lavoratori, che anche oggi sono in presidio ai cancelli della fabbrica, e a un territorio che già soffre di tante crisi industriali strutturali che stanno rendendo sempre più povera la popolazione”.