Sono oltre 25 mila i lavoratori e le lavoratrici della sanità privata del Lazio che aspettano da ben 12 anni, come i colleghi di tutta Italia, il rinnovo del contratto nazionale. Lavoratori che senza aumenti salariali e avanzamento di diritti mandano avanti ogni giorno un terzo dei servizi alla salute del Lazio, con eccesso di straordinari e turni massacranti. Sono infermieri, operatori socio-sanitari, terapisti, amministrativi, tante professionalità su cui ricadono interamente gli oneri, come la formazione o gli obblighi assicurativi, ma che non hanno le stesse tutele e gli stessi diritti dei lavoratori pubblici, il cui contratto – anch'esso ormai scaduto  - almeno nel precedente triennio era stato rinnovato.

Una situazione insostenibile, che vede oggi (venerdì 6 settembre) un presidio a Roma, alle ore 10 davanti al ministero della Salute (in lungotevere Ripa 1), cui parteciperanno anche i segretari generali delle categorie del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil (Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli e Michelangelo Librandi), a sostegno del rinnovo del contratto. Le trattative con le parti datoriali si sono interrotte per l’ennesima volta di fronte all'indisponibilità di Aris e Aiop (le due associazioni che rappresentano la gran parte dell’imprenditoria privata in sanità) a versare le risorse necessarie per il rinnovo. Oltre un anno di mobilitazione, scioperi e manifestazioni locali e nazionali, nonostante le quali i confronti sono ripresi a singhiozzo, fino alla rottura dello scorso luglio, quando tutto si è fermato all'esito negativo delle procedure di raffreddamento.

“Andremo avanti fino allo sciopero nazionale previsto per il 20 settembre", dichiarano i segretari generali di Fp Cgil (Natale Di Cola), Cisl Fp (Roberto Chierchia) e Uil Fpl (Sandro Bernardini) di Roma e Lazio: "Continuiamo a chiedere al presidente della Regione Zingaretti di farsi parte attiva nello sblocco delle trattative nazionali, oltre a intervenire per modificare, a livello regionale, le modalità di accreditamento, a favore di una maggiore trasparenza e controllo dei bilanci e delle dotazioni organiche che, così come previsto dalla legge regionale di stabilità per il 2019, devono prevedere che il personale sia alle dirette dipendenze delle strutture sanitarie, evitando esternalizzazioni o contratti a partita Iva".

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I sindacati evidenziano che "sono risorse pubbliche: il privato svolge un servizio pubblico e fa profitti, spesso milionari, con esso. È dunque impensabile che si neghi la dignità e il rispetto di chi materialmente consente l’erogazione dei servizi. È una logica che complessivamente non si è più disposti ad accettare, come in tanti altri settori pubblici e privati: è dal contratto che ripartono dignità e diritti del lavoro. È solo dando valore al lavoro che si possono offrire servizi adeguati ai cittadini". Di Cola, Chierchia e Bernardini chiedono di "ridurre, fino ad azzerare, le differenze tra chi svolge gli stessi compiti e mansioni, con pari livello di professionalità ed esperienza, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro. Il fatto che Aris e Aiop restino sorde alle legittime richieste dei lavoratori e delle lavoratrici, negando loro il più basilare dei diritti, è una vergogna che non siamo più disposti a tollerare”. 

Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl ricordano che "dal precedente governo e dal lavoro fatto in Conferenza Stato-Regioni abbiamo registrato disponibilità all'ascolto, ma è arrivata solo l’assunzione di impegni. Ora è fondamentale intervenire per sbloccare e invertire quel rapporto di forza che le imprese continuano a esercitare, così come è importante proseguire, nel Lazio, nella diversa regolamentazione degli accreditamenti, dopo che con la precedente legge di bilancio regionale si è stabilito, come requisito minimo, l’applicazione del ccnl di riferimento, come argine al precariato e alle più diverse forme di collaborazione, che hanno reso ancor più eterogeneo e frastagliato il quadro del lavoro nel settore".

I sindacati, in conclusione, rimarcano che si tratta "di servizi pubblici, e come tali devono essere garantiti e resi universali. Sono le istituzioni pubbliche le prime a dover riconoscere il ruolo centrale dei lavoratori e il loro diritto a un adeguamento normativo ed economico, a tutele certe e omogenee, che solo attraverso il contratto possono essere riconosciute. La nuova fase della mobilitazione è solo all'inizio. Indipendentemente dal colore del nuovo governo, il contratto è una questione di dignità: andremo avanti fino a che non lo otterremo”.