Nessun nuovo investitore per Portovesme. Al tavolo convocato oggi al ministero delle Imprese e del made in Italy è arrivata la conferma che le manifestazioni di interesse da parte di un’azienda potenzialmente disponibile a investire nel sito non hanno avuto esito. Una bocciatura che apre un vuoto ancora più profondo sul futuro della fabbrica e della comunità che da essa dipende.

I sindacati parlano senza mezzi termini di un “fallimento annunciato”. Denunciano anni di ridimensionamento, con produzione ridotta all’osso, massiccio ricorso alla cassa integrazione e conseguenze sociali pesantissime per un territorio già fragile. Senza un cambio di passo, il rischio – avvertono – è la definitiva perdita della continuità produttiva e occupazionale.

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La crisi di Portovesme non è di oggi. Da oltre due anni lo stabilimento procede a marcia ridotta, tra continui stop, periodi di cassa integrazione e promesse di rilancio mai mantenute. A più riprese si è parlato di nuovi investitori, di piani per l’idrogeno verde e di un futuro nella transizione energetica, ma nessuna ipotesi ha mai trovato concretezza. Intanto la produzione di zinco, che per decenni ha rappresentato il cuore dell’impianto, è crollata, lasciando i lavoratori sospesi in un limbo di incertezza.

Costi energetici e incertezza industriale

Al tavolo, le organizzazioni dei lavoratori hanno rimesso al centro il nodo dei costi energetici, considerato il vero macigno che allontana possibili player internazionali. La domanda che resta inevasa riguarda la direzione futura: mantenere la linea dello zinco o imboccare la via della riconversione industriale, come la proposta di un Hub di stoccaggio di materie prime strategiche.

“Oggi il governo ha certificato ciò che denunciamo da dieci mesi – hanno scandito i sindacati –: nessun investitore mette risorse in presenza di bollette così alte. È indispensabile che venga tracciata una rotta chiara, con un piano industriale credibile per le singole aziende e per l’intero territorio. Non si può continuare a vivere di emergenze, bruciando ammortizzatori sociali e soldi pubblici senza alcuna prospettiva”.

Un sito strategico da non abbandonare

Per i rappresentanti dei lavoratori Portovesme deve restare un presidio produttivo strategico, in grado di dare lavoro stabile e contribuire allo sviluppo della Sardegna. L’appello finale è rivolto al governo: garantire una collaborazione istituzionale che porti certezze per i dipendenti diretti, l’indotto e le loro famiglie.