Tre morti sul lavoro nei primi dieci giorni di febbraio. Cinquantotto a gennaio. Oltre mille (1.133 per l’esattezza) nel 2018. La Campania, dove appena la settimana scorsa si è registrato l’ultimo decesso in un cantiere edile, contribuisce in modo significativo ad alimentare questo conteggio che non accenna a frenarsi. L’ultimo rapporto Inail, relativo al 2018, ci ha consegnato un incremento di incidenti mortali rispetto all’anno precedente. Servirebbe una reazione forte da parte delle istituzioni centrali e locali.

Negli ultimi dieci anni siamo passati dal “passo dopo passo” di Antonio Bassolino che con il suo andare adagio ha prodotto risultati economici e sociali importanti, portando la Campania ad avere ottimi trend di dinamicità di spesa, investimenti e programmazione, al “giovane e aitante” Stefano Caldoro, privo di contenuti e di attività al “ghe pensi mi” di Vincenzo De Luca che prometteva una gestione rigorosa di rilancio, ma che ha finito per ingessare intorno al ricordo del “sindaco sceriffo” le sorti di una regione che, lentamente, è ritornata in fondo alla classifica di tutti gli indicatori economici, sociali, civili e ambientali. Eppure la Campania ha risorse importanti sia sul piano economico che sul piano intellettuale. Ha ancora un sistema universitario che non è secondo a nessuno, ha un tessuto di imprese, che tra mille difficoltà e da sole, ancora cercano di sopravvivere alla lunga notte della crisi. Ha filiere di eccellenze uniche in Italia e nel mondo. Ha giovani, tanti, costretti a dirottare altrove le proprie competenze perché questo territorio ormai non offre quasi più sbocchi.

Eppure basterebbe poco. Basterebbe spendere le tante risorse sbandierate nelle campagne elettorali scorse o quelle che verranno annunciate tra qualche mese alla prossima campagna elettorale. Miliardi di euro – oltre quattro – fermi nei cassetti della Regione, mentre il territorio ne avrebbe estremo bisogno. Incapacità? Cattiva volontà? Ignoranza di bisogno? Qualsiasi cosa essa sia rappresenta un danno alla collettività. E allora, oltre alla responsabilità delle morti sul lavoro – che la Fillea e la Cgil considerano un reato da inserire nel codice penale in quanto omicidio sul lavoro – bisognerebbe valutare l’operato di un amministratore pubblico non solo sul piano politico, ma anche su quello economico, civile e sociale, quantificando i guasti che questi procurano nel corso del loro mandato e, nel caso, condannarli.

Enzo Maio è segretario generale Fillea Cgil Campania