Sono in tanti, in migliaia, giunti da tutta Italia per la manifestazione organizzata dai sindacati del pubblico impiego oggi (sabato 8 giugno) a Roma. Ogni settore ha la propria richiesta specifica, ma un denominatore comune c'è, dagli enti locali al comparto sanitario a quello della sicurezza: servono più soldi e più personale per mandare avanti la baracca. Altrimenti non ci rimettono soltanto i diretti interessati, ma tutto il Paese. Un primo esempio ce lo fornisce Carmelo Taglio, vigile del fuoco del comando di Taranto: “Su ogni turno – spiega – siamo appena in 35 su una popolazione di 600 mila persone. Praticamente ogni giorno dobbiamo inventarci qualcosa per garantire il soccorso nonostante i rischi legati all’industria, alla raffineria, al porto commerciale. Pensate che se dovesse succedere qualcosa in contemporanea, il comando più vicino è a 34 chilometri di distanza”. Tra l’altro, spiega il vigile del fuoco, “dobbiamo lavorare con mezzi vecchi di oltre vent’anni, a volte li smontiamo e li usiamo come pezzi di ricambio per altre macchine, l'inventiva non ci manca. Quello che non abbiamo è l’assicurazione per gli infortuni, per cui siamo costretti ad anticipare le spese e volte si fanno le sottoscrizioni tra colleghi per coprirle. Purtroppo questa è la realtà. Ma voglio aggiungere un’altra cosa: durante la campagna elettorale, il 30 aprile alle 19.30 il ministro Salvini ha promesso 213 milioni da mettere sul piatto per i pompieri. Dove sono finiti?”.

Donato Nolè è un ispettore della polizia penitenziaria di Prato. “Anche noi – spiega – chiediamo il rispetto delle promesse elettorali a cominciare dal rinnovo del contratto, finora non si è mossa una foglia. Anzi, è stato persino bloccato il rinnovo della parte normativa che il precedente governo aveva avviato. Voglio ricordare, per dirne una, che siamo l’unica categoria in Italia che non ha la possibilità di avere la pensione complementare”. Poi c’è il solito problema degli organici: “Negli istituti si lavora come minimo 42-43 ore settimanali a fronte delle 36 previste. E il sovraffollamento, ormai di nuovo ai limiti, sta facendo aumentare pesantemente il numero delle aggressioni subite da noi agenti”.

Nella sanità pubblica la parola d’ordine è “maggiore valorizzazione professionale”. A dirlo è Simone Baldacci, infermiere del Pronto soccorso a Firenze. “Bisogna superare il vecchio sistema. Non sto parlando solo del rinnovo e di un adeguamento salariale necessario, ma di un riconoscimento vero della nostra specificità e professionalità. Questa è la nostra maggiore aspettativa, insieme al tema delle assunzioni”. In piazza ci sono anche gli operatori socio-sanitari. Una di loro è Tamara Casu, che si occupa di assistenza domiciliare per il Comune di Mestre e lavora in appalto con un privato: “Anche noi aspettiamo il rinnovo del contratto, nel nostro caso scaduto da 12 anni. A differenza del pubblico prendiamo molto meno, almeno 300 euro, pur svolgendo le stesse mansioni”. Per questo motivo pochi giorni fa ha partecipato a un concorso pubblico della regione Veneto: “Per 312 posti eravamo in 12 mila da tutta Italia. Ma la cosa che mi ha fatto riflettere di più – aggiunge – è che la maggioranza dei candidati ha già un posto di lavoro che vuole cambiare perché non ce la fa. C’erano persone di tutte le età, persino di 60 anni. Nonostante tutto noi svolgiamo il nostro compito sempre con la massima professionalità, garantiamo un servizio pubblico. Ma se manca il personale, non si può pretendere troppo".

Lucilla Pirovano è delegata Rsu della giunta regionale in Lombardia. “Questa è una giornata di lotta per un lavoro pubblico migliore e per servizi migliori. Siamo qui per chiedere il rinnovo del nostro contratto e per tutelare la nostra professionalità. Anche da noi in Regione ci sono profili con svariate competenze che hanno bisogno di risposte specifiche”. L'altro solito, grosso problema è quelle delle assunzioni: “Da troppi anni aspettiamo i concorsi, ormai allo sportello per i cittadini siamo in grave emergenza. Ma noi siamo i primi a voler dare risposte, e siamo stanchi della solita rappresentazione da parte anche di questo governo, che dipinge il personale della pubbica amministrazione come lavativo e demotivato”.

Una richiesta particolare arriva dal corpo dei vigili urbani. A spiegarla è Nicola Cigliano, della Polizia locale di Napoli: “Siamo in piazza anche per il riconoscimento della nostra categoria: lo Stato deve darci risposte chiare e concrete perché il nostro lavoro è completamente diverso rispetto a trent’anni fa”. Il riferimento è alla legge quadro che regola il settore, ormai obsoleta: “Per dirne una, è vergognoso che nonostante i morti e feriti a decine tra i vigili urbani, ancora oggi la nostra categoria non sia considerata usurante. Chiediamo semplicemente le giuste tutele e i riconoscimenti previdenziali che hanno gli altri corpi di polizia. Anche noi rischiamo tantissimo in strada, lo stress è alle stelle".

Per quel che riguarda i Comuni, il problema principale è sicuramente la carenza di personale e di strumenti adeguati. Tanto più a Roma, dove poi, come noto, i disagi per i cittadini si moltiplicano. “Il nostro obiettivo è ottenere finalmente un piano straordinario di assunzioni”, insiste Maria Grazia Longo, architetto del Comune di Roma e responsabile per la Fp Cgil dei servizi tecnici e amministrativi di Roma Capitale. “Dopo dieci anni di blocco ormai siamo ai minimi termini. Ma purtroppo non si sta facendo nulla per adeguare gli uffici e rispondere alle richieste dei cittadini in un periodo in cui, al contrario, ci sarebbe ancora più bisogno di adeguarsi alle nuove normative per esempio sulla trasparenza o sull’anticorruzione. I servizi pubblici funzionano se si implementano con le persone e le risorse a vantaggio di tutti. Poi al Comune di Roma abbiamo anche un altro problema, cioè graduatorie da sbloccare con tantissime famiglie in attesa. Però se non veniamo autorizzati con un piano straordinario, non possiamo fare nulla”.