Per Alitalia ancora non s’intravede la soluzione. La definizione della governance societaria è in alto mare, il piano industriale di Ferrovie è stato posticipato a fine marzo, la scelta del partner straniero avanza con grande fatica. E i sindacati sono sempre più in fibrillazione. “Rimaniamo molto preoccupati dalle notizie sulla riduzione della flotta di aerei di lungo e medio raggio e sui possibili conseguenti esuberi”, ha commentato il segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio, continuando a chiedere a governo e commissari di “salvaguardare i livelli occupazionali e retributivi attuali” e di realizzare una ristrutturazione della compagnia “attraverso un piano industriale di sviluppo, che preveda investimenti concreti, evitando lo spezzatino aziendale”.

Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti Uil e Ugl trasporto aereo hanno intanto avviato le procedure per la mobilitazione di tutti i lavoratori del comparto aereo. “Se l’assenza di risposte da parte del governo, anche sulla vertenza Alitalia, dovesse proseguire, la protesta sarà inevitabile”, spiegano i sindacati, rimarcando “il quadro d’incertezza complessivo del settore” e il ritardo “del piano industriale della nuova Alitalia, che avrebbe dovuto essere presentato entro il 31 gennaio”. Filt, Fit, Uiltrasporti e Ugl lamentano anche “il parziale e insufficiente rifinanziamento del Fondo di solidarietà del trasporto aereo, che sostiene oltre 10 mila lavoratori, e che necessita di una soluzione strutturale”. Infine, rimarcano pure “l’assenza di un intervento normativo specifico per il sostegno del contratto collettivo di lavoro del comparto e contro il dumping contrattuale delle compagnie low cost”.

A fine ottobre, come noto, le Ferrovie dello Stato hanno presentato ai commissari di Alitalia (Enrico Laghi, Stefano Paleari e Daniele Discepolo) un'offerta d'acquisto vincolante, valida appunto fino al 31 gennaio. Nel medesimo giorno l’amministratore delegato Gianfranco Battisti ha dichiarato, in una conferenza stampa a Milano, di aver “chiesto una proroga” di un mese, annunciando nel contempo che il piano industriale dell’intero gruppo Fs verrà presentato “a fine marzo”, proprio per aspettare “l’evoluzione del caso Alitalia”. Un ritardo che appare legato a due fattori principali: la presenza nel capitale di Alitalia di un partner industriale straniero e la quota di Fs nella compagine societaria.

Il partner straniero ancora non c’è. In pole position adesso è il ticket formato dalla statunitense Delta Airlines assieme a Air France-Klm, che acquisirebbe il 40 per cento di Alitalia. La compagnia di Atlanta (Georgia) ha venduto di recente alcuni asset non core (come la raffineria Monroe Energy di Trainer, in Pennsylvania, ceduta per 150 milioni di dollari), segnale che viene interpretato con la necessità di fare cassa per poi concentrarsi sull’acquisizione delle quote di Alitalia. L’offerta dovrebbe essere presentata formalmente per la fine di marzo: l’aerolinea manterrebbe per sé il 25 per cento, mentre il restante 15 andrebbe ad Air France-Klm (di cui la Delta Airlines detiene il 9 per cento). Riguardo il piano industriale, per ora si hanno solo indiscrezioni: la flotta dovrebbe diminuire dai 118 aerei attuali a poco più di cento, mentre il personale dovrebbe scendere dai quasi 12 mila dipendenti attuali a circa 9-10 mila.

La soluzione della cordata Delta Airlines e Air France-Klm lascerebbe il controllo di Alitalia, quindi il 60 per cento delle azioni, nelle mani dello Stato. Ma anche qui si aprono problemi: Ferrovie ha lasciato ampiamente intendere di non voler detenere più del 30 per cento, né finora si sono affacciate altre aziende pubbliche interessate ad acquisire quote di minoranza (dopo i no di Poste italiane e Cassa depositi e prestiti, martedì 4 febbraio è arrivato anche quello di Leonardo-Finmeccanica). L’ipotesi più accreditata riguarda il coinvolgimento del Tesoro nel capitale con il 15 per cento, mediante la conversione di una parte del prestito-ponte di 900 milioni di euro, soluzione però avversata dal ministro dell'Economia Giovanni Tria. Sulla governance della compagnia, insomma, c’è ancora grande confusione.

La situazione finanziaria di Alitalia, intanto, rimane precaria. Quasi la metà del prestito-ponte di 900 milioni di euro concesso dallo Stato è già stata spesa: in cassa, infatti, restano 506 milioni (cui vanno aggiunti 197 milioni di deposti), cifra che dovrebbe comunque bastare per arrivare alla formazione della nuova società. I conti, invece, vanno lentamente migliorando: il 2018 ha visto in crescita sia i ricavi passeggeri (+6,9 per cento) sia quelli totali (+5). Ancora negativo per 154 milioni è l’ebitda (ossia il margine operativo lordo), anche se le perdite sono state dimezzate, visto che nel 2017 ammontavano a 312 milioni di euro.