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Stato di agitazione in tutta Italia dei lavoratori del gruppo Kidiliz. La multinazionale di moda per bambini è impegnata in una procedura di concordato in Francia, presso il Tribunale del commercio di Parigi, che coinvolge anche la filiale italiana del gruppo e i relativi 600 dipendenti. Riguardo il nostro Paese, riferisce la Filcams Cgil, sarebbe stata avanzata un’offerta dal gruppo Zucchi (specializzato in biancheria per la casa e posseduto dal 2016 dal fondo francese Astrance Capital), che però riguarderebbe solo un terzo dei 150 negozi presenti sul territorio nazionale e appena 150 dipendenti (già interessati, negli ultimi due anni, da un pesante ridimensionamento degli organici). È forte, quindi, la preoccupazione dei sindacati e dei lavoratori italiani, che sollecitano la proclamazione di uno sciopero nazionale.
Il gruppo Kidiliz, fondato nel 1962 da Roger Zannier a Saint-Chamond (Francia), dal 2018 è controllato dalla società cinese Zhejiang Semir Garment Company, che aveva con tale operazione raggiunto la seconda posizione al mondo nel settore. L’azionista di controllo avrebbe dovuto sostenere la ristrutturazione del gruppo (titolare fra l’altro del marchio Z, che riunisce i negozi italiani) con un investimento di 30 milioni di euro, cui si sarebbe aggiunto un prestito garantito dallo Stato francese di circa 50 milioni di euro. Il mancato investimento e la crisi provocata dall’epidemia da Covid-19 hanno invece ulteriormente deteriorato la posizione debitoria del gruppo, la cui situazione era già stagnante da alcuni anni.
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, in seguito all’attivazione della procedura di concordato, avevano già proclamato lo scorso 13 ottobre lo stato di agitazione su tutto il territorio nazionale, cui era seguita la mobilitazione in varie regioni, come Emilia Romagna (sede di Kidiliz Italia), Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto. Già all’avvio della procedura, infatti, le conseguenze per l’azienda e per i suoi dipendenti in Italia “sono state immediate e severe: sostanziale blocco dei rifornimenti di merce ai negozi, tale da minacciare seriamente la continuità operativa della rete vendite; sospensione di una parte della retribuzione; mancata erogazione di prestazioni di welfare contrattuale; sospensione dei pagamenti verso l’ente bilaterale”.
Jacopo Dionisio, responsabile per la Filcams Cgil nazionale della vertenza Kidiliz, sottolinea le modalità inconsuete con cui è stata gestita la vicenda, senza comunicazioni e relazioni con i sindacati italiani. “Ci siamo trovati a non avere cognizione dell’andamento della procedura”, spiega il rappresentante sindacale: “Ciò ha prodotto danni concreti, che non si limitano alle relazioni. Con più tempo e una procedura parallela in Italia sarebbe stato possibile trovare ulteriori investitori interessati a dare una prospettiva di futuro a quest'azienda”.
Il responsabile Filcams evidenzia che “vendere un gruppo importante come Kidilliz, precipitando la situazione e trattando come un piccolo ramo secco la filiale italiana, che è la più grande e da tre anni ha un bilancio in attivo, con disponibilità di cassa e negozi aperti che vendono, ha comportato di doverli quasi chiudere per la mancanza di merci, con un conseguente danno anche di immagine”. Dionisio rimarca anche che, in queste condizioni, l’azienda “non ha usufruito delle settimane concesse dal decreto legge del 14 agosto né della cassa Covid, malgrado le restrizioni imposte alle aperture: continuare a pagare gli stipendi dei lavoratori con i negozi chiusi ci sembra un modo scorretto per gestire le risorse a disposizione dell’azienda”.
Riguardo l’offerta del gruppo Zucchi, società importante ma attiva in un settore diverso da quello di Kidiliz, necessiterà “di una fase di transizione per passare dall’attività attuale a quella successiva, e comunque offre una risposta molto parziale rispetto alla rete vendita e ai dipendenti”. La Filcams Cgil nazionale chiede risposte “sia per la parte che verrà ripresa sia sul futuro di quelli che rimangono esclusi, oltretutto in un momento di pandemia e di semi-lockdown”. Per Jacopo Dionisio, in conclusione, il coinvolgimento “dei ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro, oltreché delle autorità regionali e locali, a questo punto è essenziale e non rinviabile”.