“Sono stato assunto nel cantiere navale di Brindisi, i Cantieri Balsamo, il 20 febbraio 1987”. Fabrizio Schiavone inizia a lavorare a 18 anni, pochi mesi dopo essersi diplomato: entra come carpentiere in ferro, con un contratto di apprendistato. “Subito ho capito il mondo in cui mi trovavo”, spiega: “Era faticoso, pesante, ma molto affascinante. Perché non era un lavoro ripetitivo, in cui stavi attaccato alle macchine, ma un lavoro che ci si poteva ragionare sopra, le attività erano varie, i problemi venivano risolti con idee e invenzioni”.

I Cantieri Balsamo (di proprietà della famiglia D’Astore) crescono, si costruiscono megayacht e navi da crociera, si collabora con Fincantieri. Passano anni di commesse importanti e di molto lavoro. Si arriva così al 2007, quando improvvisamente iniziano le difficoltà. “La crisi all’inizio sembrava temporanea”, ricorda Schiavone, poi sono arrivate “la cassa integrazione, la mobilità, e poi ci siamo ritrovati fuori. Non c’erano più commesse, era finito tutto”.

L’azienda fallisce e viene sostituita dalla Cantieri Balsamo Shipping. “La nuova società ci porta di nuovo a vivere un bel momento”, prosegue: “Arrivano grossi ordini: un megayacht di 46 metri in alluminio, i primi lavori per il parco eolico di Tricase. Nel 2009 siamo un centinaio di dipendenti, più l’indotto, sembra davvero la svolta della nostra vita”.

L’operaio è anche eletto delegato sindacale per la Fiom Cgil e s’immerge sempre più nelle problematiche del cantiere: “Da una parte avevamo il lavoro, perché eravamo alle prese con il grosso progetto del parco eolico. Dall’altra vedevo l’imprenditore che si dannava l’anima perché non riusciva a pagare gli stipendi, i fornitori, il demanio”. I mesi senza stipendio si accumulano, si va avanti con piccoli acconti ogni tanto.

Fabrizio Schiavone ha appena venduto la propria casa di Mesagne con l’obiettivo di acquistarne una più grande. In banca ha circa 80 mila euro: decide di rimandare l’acquisto e di mettere a disposizione dell’amministrazione quella somma. “Furono pagati due stipendi, i miei colleghi erano felici, ma non sapevano che quei soldi erano miei”, ricorda: “Il mio desiderio era intanto di tamponare una situazione che era diventata insostenibile, e così ho fatto. Ma quei soldi, i miei 80 mila euro, non mi sono mai più stati restituiti”.

La situazione peggiora addirittura. Nel febbraio 2012 il proprietario Gaetano D’Astore è arrestato (insieme alla moglie e ai figli) per bancarotta fraudolenta, il processo si conclude due anni dopo con l’assoluzione con formula piena. “In quel periodo – ricorda – io e un ragioniere, pur di mantenere il lavoro, prendemmo in mano l’azienda e la amministrammo per circa sei mesi, senza percepire un euro”. La situazione però non si raddrizza: si va verso un nuovo fallimento, che avviene formalmente nel gennaio 2020.

“Abbiamo perso altri soldi, circa 25 mila euro, e per l’ennesima volta ci ritroviamo fuori”, racconta Schiavone. Ma c’è una novità: si affaccia una nuova impresa, il Consorzio cantieri riuniti del Mediterraneo, guidato dall’ingegnere Donato Di Palo, che in tempi relativamente brevi rileva l’area, acquisisce commesse importanti e fa ripartire il cantiere. “Sto vedendo con i miei occhi – conclude – quello che ho sognato fin dal febbraio 1987: un cantiere dove operano tante persone che stanno bene, dove gli stipendi sono pagati regolarmente, dove ci si preoccupa della salute dei lavoratori e dove s’intravede un futuro di sviluppo e di lavoro”.