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Il 19 novembre scorso è diventata operativa la seconda fase del filtro anti-spoofing previsto da Agcom (delibera n.106/25/CONS). Cos’è lo spoofing e perché questa è una buona notizia? Lo spoofing è l’illegittima modifica del numero telefonico del chiamante (cosiddetto calling line identity). Consiste proprio nel “camuffamento” del numero da cui arriva la telefonata. Una pratica dalle mille facce e che è spesso alla base di truffe telefoniche.
Si va da forme di telemarketing o teleselling aggressive e illegali (attraverso l’utilizzo di un numero telefonico inesistente e non registrato, per impedirne l’identificazione), fino ad arrivare a frodi perpetrate utilizzando un numero telefonico modificato in modo da presentarsi all’utente chiamato come un soggetto pubblico (ad esempio, forze dell’ordine) o privato (ad esempio, una banca).
Vere e proprie trappole soprattutto per gli utenti più fragili, come gli anziani (ma non solo). Con quel “+39”, familiare e rassicurante, che difficilmente lasciava ipotizzare un “rimbalzo” da un Paese all’altro. Un “sottosopra” del mondo dei call center, dove le regole e i contratti dei primi vengono rimpiazzati da raccolte e vendite di database poco trasparenti e società cui a volte è persino impossibile risalire.
La buona notizia
Arriviamo dunque alla buona notizia, perché grazie al filtro previsto dall’Agcom (che arriva dopo anni di pressing da parte delle associazioni dei consumatori) è finalmente operativo anche il blocco delle chiamate mobili provenienti dall’estero con numero italiano (sono ovviamente escluse quelle dei clienti effettivamente in roaming).
L’operatività delle misure assunte prevedeva infatti due passaggi: il primo, già in vigore da mesi, riguardava il blocco delle chiamate dall’estero con numero chiamante italiano di rete fissa; il secondo, quello attuale, riguarda invece il blocco delle chiamate con numero chiamante italiano di rete mobile.
Ed è proprio quest’ultimo che ha reso evidente l’enormità del fenomeno, bloccando, dalla sua entrata in vigore, 7,5 milioni di telefonate moleste ogni giorno. Un numero quasi sei volte superiore alle telefonate bloccate ad agosto (1,3 milioni al giorno), mese in cui è stato attivato il primo filtro sui numeri fissi. Milioni di finti contratti o di richieste illecite di consensi o dati arginati.
Come? Prevedendo l’obbligo, per gli operatori nazionali che ricevono chiamate consegnate da operatori esteri, di bloccarle se, provenendo da un Paese straniero, presentano un numero fisso italiano o numero mobile italiano (questo esclude automaticamente quelle che riguardano utenti effettivamente in roaming all’estero).
Naturalmente, per stessa affermazione dell’Agcom, questo primo intervento dovrà essere seguito da un ulteriore lavoro per identificare “ulteriori misure, in grado di contrastare altre tecniche di contraffazione dell’identità del chiamante, nell’ambito delle chiamate gestite completamente nel territorio nazionale, monitorare l’andamento del fenomeno e assumere necessarie iniziative”.
In Italia fortunatamente non si parte da zero. Esiste già un Codice di autoregolamentazione che stabilisce una serie di misure che coinvolgono i contratti tra gli operatori di telecomunicazioni e i partner commerciali che svolgono attività di call center. Questi, oltre a dover essere iscritti al Registro degli operatori di comunicazione (Roc), dovranno anche possedere determinati requisiti minimi di qualità e affidabilità professionale. Regole che valgono anche nel caso di ricorso a subappalti all’estero.
Il Codice di condotta dell’Agcom ha inoltre il compito di assicurare il rispetto, da parte di tutta la filiera, delle norme sulla non modificabilità del numero chiamante, l’uso di legittime liste di numeri da chiamare e la qualità dei servizi prestati. I call center, inoltre, avranno l’obbligo di essere richiamabili, proprio al fine di distinguerli da quelli che ricorrono a numeri non contattabili o anonimizzati in modo fraudolento.
Il punto debole
Questo Codice di condotta prevede un’adesione su base volontaria. Pertanto le misure incluse risultano vincolanti, prevedendo un presidio sanzionatorio, solo per coloro che vi hanno aderito. Ed è evidente che sono proprio quelle sacche grigie, da cui dobbiamo proteggerci, che si terranno fuori dai questo percorso. Sacche in cui la precarietà del lavoro rappresenta una condizione altrettanto grave e intollerabile.
Oggi registriamo una piccola vittoria, perché 7,5 milioni di potenziali truffe telefoniche sono state stoppate. Rimane il fatto che, se l’obiettivo è quello di contribuire alla definizione di una società migliore, fondata su regole condivise ed esigibili, garantire diritti alle lavoratrici e ai lavoratori è una condizione imprescindibile. Parte tutto da li. Come ci ricorda l’articolo 1 della nostra Costituzione.
Barbara Apuzzo è responsabile Politiche e sistemi integrati di telecomunicazioni Cgil nazionale























