Sono 500 i posti di lavoro a rischio alla Ferriera di Trieste nel caso in cui l'area a caldo venisse riconvertita. A lanciare l'allarme, dopo l'apertura "ufficiale" di Siderurgica Triestina - Gruppo Arvedi, disposta a discutere una proposta in tal senso con la Regione Friuli Venezia Giulia, sono le rappresentanze sindacali che per oggi (lunedì 2 settembre) hanno annunciato un'assemblea dei lavoratori con Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil e Rsu, durante la quale "verra' deciso il da farsi". La riconversione dell'impianto, da tempo al centro delle proteste perché ritenuto causa di inquinamento ambientale, potrebbe prevedere uno sviluppo logistico. L'assessore regionale alla Difesa dell'ambiente, Fabio Scoccimarro, aveva definito un "traguardo" la disponibilità dell'azienda di discutere il superamento dell'area a caldo. Un iter da "chiudere entro il 2022" e comunque "tenendo conto dei diritti di impresa e salvaguardando i posti di lavoro".

Rassicurazioni che non tranquillizzano il mondo del lavoro. "A oggi - afferma il segretario generale della Fiom Cgil Trieste Marco Relli - l'area a caldo occupa circa 400 dipendenti, cui va aggiunto un indotto di 100-120 addetti. Solo una minima parte potrà essere assorbita nell'area a freddo, per gli altri dovremmo capire quali sono le intenzioni". Sindacati e lavoratori, conclude, sono "preoccupati perché le prospettive non ci sono, non c'è nessun altro posto di lavoro", e "la disoccupazione a Trieste sta aumentando". Il punto, osserva il segretario generale della Cgil Trieste Michele Piga, è che "la garanzia occupazionale non è elemento sufficiente, occorre preservare i posti di lavoro. Si parla di riconversione, ma non si dice in cosa. E manca il coinvolgimento complessivo del sindacato. All'azienda abbiamo chiesto più volte senza ottenerli i piani industriali": questo nuovo passo "dimostra che c'erano altri piani". Ora, conclude, "attiveremo tutti i percorsi e sollecitazioni" a tutela del lavoro.