Venerdì sera, strade semideserte, molti locali chiusi, gli altri quasi vuoti. È l'effetto Coronavirus che, anche già prima dell'estensione della zona rossa a tutto il paese, si fa sentire eccome. Tra le pochissime persone in giro però, loro, i riders, ci sono e continueranno ad esserci. Consegnano la cena a chi è chiuso in casa, lo fanno nella maggior parte dei casi a bordo di uno scooter, oppure in auto (in questo caso parliamo di drivers) vista anche la serata piovosa. Qui, a Perugia, solo pochi temerari, per lo più stranieri, usano invece una bicicletta, mezzo “difficile” in una città tutta sali e scendi come è il capoluogo umbro.

Uno dei punti di maggior concentramento dei fattorini è nei pressi di un grosso fast-food della città, un McDonald's. Qui opera soprattutto Deliveroo ed è proprio per questa piattaforma che lavora anche Emanuele, un avvocato/rider, che ha voglia di raccontare la sua situazione e come sta vivendo questa fase di difficoltà generale.

“Io sono un rider, ma sono anche abilitato alla professione forense – racconta sorridendo –. Può sembrare strano, ma non lo è. Uso questo lavoro per arrotondare e forse per questo motivo non mi rendo conto appieno della mancanza di tutele che c'è”. Una cosa però è chiara per Emanuele, la tanto decatanta “flessibilità” che sarebbe garantita ai riders è solo una leggenda: “Anche se faccio poche ore – spiega –, devo comunque lavorare tutta la settimana, perché altrimenti perdo le mie statistiche e con le statistiche negative non posso prenotarmi per la settimana successiva”.

Ma accanto alle ben note difficoltà della normale “vita da rider” ora c'è anche l'emergenza Coronavirus. Da questo punto di vista cosa è cambiato per chi gira la città, incontrando moltissime persone, per conto delle piattaforme? “Ci hanno inviato una mail con le indicazioni contenute nel decreto del governo – spiega il rider/avvocato – e poi all'apertura della app adesso compaiono una serie di indicazioni minime da rispettare. Cose che io però facevo già prima: pulire gli strumenti, coprirsi il volto se c'è necessità e poi indossare i guanti non solo per andare in moto, ma anche alla consegna”.

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Ma a parte queste indicazioni di massima, Deliveroo ha fornito ai suoi rider qualche strumento particolare, qualche presidio di sicurezza per fronteggiare l'emergenza? La risposta di Emanuele, di nuovo sottolineata da un sorriso, è no: “La filosofia è chiara ed è sempre la stessa – conclude –: noi ti forniamo una piattaforma​, per il resto quello che puoi fare da solo fallo e poi vai con Dio. È così che funziona”.

L'incontro con Emanuele non è stato casuale e nemmeno l'unico. A Perugia, infatti, la Cgil – in particolare Nidil, Filt e Filcams –, insieme a un circolo Arci (il Porco Rosso) e agli studenti di Udu e Rete, ha avviato il progetto – già sperimentato nelle grandi città“No easy riders: stop allo sfruttamento”, che punta a “consegnare i diritti” a una categoria di lavoratori spesso poco consapevole delle tutele previste da leggi e contratti.

“Ci siamo dati appuntamento in Camera del lavoro per dividerci materiali e zone della città – spiega Andrea Marconi, di Nidil Cgil Perugia – e poi siamo scesi in strada, rispettando tutte le prescrizioni di legge (l'iniziativa è avvenuta prima dell'estensione della zona rossa, ndr), per incontrare i riders e capire, in un momento di emergenza come è quello attuale, cosa sta succedendo, se sono state prese misure utili a proteggere i lavoratori e, più in generale, per far sapere che noi ci siamo, che la Cgil è il luogo in cui si possono conoscere e rivendicare diritti”.

Il progetto, naturalmente nel rispetto delle restrizioni imposte dai decreti sul Coronavirus, prevede ora un ulteriore passaggio: l'apertura del primo “punto riders” della città, con ricarica dispositivi, wi-fi libera e angolo ristoro. “Avevamo programmato un'inaugurazione per sabato 14 marzo, che naturalmente dovremo far slittare – spiega ancora Andrea Marconi –, ma i servizi per i riders partiranno comunque, anche perché dai ragazzi che abbiamo incontrato nel nostro primo volantinaggio abbiamo avuto un riscontro molto positivo e una richiesta chiara: organizzarsi, conoscere, rivendicare diritti”.