Continua senza soste in tutta Italia la campagna “No easy riders”, promossa dalla Cgil nelle principali città del Paese per costruire insieme il futuro dei ciclofattorini. Conclusa la quattro-giorni di Milano, da giovedì 5 a domenica 8 settembre, subito ci si sposta a Verona. L’appuntamento è con un gazebo in piazza Bra per un volantinaggio, alle ore 12 è convocata una conferenza stampa. Ai rider - che nella città veneta sono circa 220, lavorano per tre piattaforme (Just Eat, Deliveroo e Glovo) e guadagnano al massimo 4,30 euro a consegna - saranno distribuiti braccialetti luminosi, i dispositivi di sicurezza ad alta visibilità, al fine di renderli maggiormente visibili durante le consegne nelle ore serali.

“Per noi è chiarissimo che queste prestazioni lavorative sono in prevalenza a carattere dipendente, è quindi fondamentale che rientrino nei contratti collettivi nazionali, a partire da quello della logistica”, scrivono Cgil, Filt e Nidil territoriali, lanciando appunto quest’iniziativa per “un futuro dove sia garantita la dignità della persona, i diritti sul lavoro, le tutele e la sicurezza, in particolare quest’ultima visto che l’attività dei lavoratori del food delivery si svolge sulla strada”. Per il sindacato veronese “tutto il mondo del lavoro deve avere gli stessi diritti e protezioni sociali, con una retribuzione equa, il diritto al riposo, alle ferie, al Tfr, alla disconnessione, alla previdenza, alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Un lavoro senza stipendio, senza sicurezza e senza dignità è un lavoro che non può e non deve circolare per le strade del nostro Paese”. La Cgil chiede alle imprese “di scommettere su un modello di sviluppo in cui vengano garantiti i diritti nel lavoro”, mentre sollecita il nuovo governo “a definire in maniera compiuta quest’attività come un vero e proprio lavoro”.

La campagna nazionale “No easy riders”, rivolta ai lavoratori del food delivery, è stata lanciata dalla Cgil inizialmente in otto grandi città italiane (Bari, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino), cui progressivamente se ne sono aggiunte altre, come appunto Verona. “I rider sono circa 10 mila in tutta Italia e sono una popolazione abbastanza disomogenea”, spiega la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti: “Il lavoro è contrassegnato da un fortissimo turn-over, l’orario può arrivare fino a 40-50 ore alla settimana. Ci sono poi molte variabili: in alcune città i rider sono perlopiù universitari che lavorano nelle pause dello studio, a Milano invece ci sono molti adulti espulsi dai processi produttivi, e per questi è un vero lavoro. Poi ci sono gli stranieri, per i quali il riconoscimento della condizione di lavoratore subordinato è più forte che per lo studente universitario”.

Per questi lavoratori la Cgil non chiede un contratto ad hoc, bensì di “portarli dentro, tenendo conto della loro specificità, a contratti collettivi già esistenti, come quelli della logistica o del commercio”. Ma serve anche un intervento legislativo del governo, in particolare “sulle collaborazioni e sul lavoro occasionale, in modo che ci sia un perimetro di diritti garantiti per legge, a partire dalla sicurezza, perché quando un lavoratore viene considerato autonomo non ha alcuna tutela sotto questo punto di vista”. Per Tania Scacchetti, infine, “non deve più capitare che ci siano dei ‘lavoretti’, come vengono talvolta definiti in tono un po’ dispregiativo, senza il riconoscimento dei diritti elementari. Anche se svolgono un’attività nuova, perché passano attraverso una app, questi lavoratori esprimono gli stessi bisogni degli altri, ossia uno stipendio dignitoso e certo, la sicurezza, la malattia, i turni di riposo, le ferie”.