La crisi del settore è innegabile, ma che un’azienda “iconica” italiana annunci l’esubero del 40 per cento del personale è una notizia che lascia senza parole. La Campagnolo, storica (fu fondata nel 1933) produttrice di componenti per biciclette da corsa, martedì 25 novembre ha comunicato ai sindacati l’intenzione di licenziare 120 (su complessivi 308) tra impiegati e operai dello stabilimento di Vicenza.

La situazione dell’azienda

La comunicazione è arrivata nel corso della presentazione del nuovo piano industriale. Mercoledì 26 novembre, con una nota ufficiale, l’azienda ha ribadito che a questo piano di razionalizzazione “non c’è alternativa”, se non con “conseguenze drammatiche per Campagnolo e per la città di Vicenza”.

La società ha fatto presente che “i dati di bilancio fino al 31 maggio 2025 evidenziano come negli esercizi 2023, 2024 e 2025 la perdita superi i 24 milioni di euro. A fronte di questi numeri difficili, dovuti in primis a una congiuntura di settore davvero gravosa che vale per Campagnolo come per i suoi competitor in tutto il mondo, l’azionista ha sottoscritto un finanziamento, fra novembre 2024 e dicembre 2025, di 10 milioni”.

Nonostante ciò, prosegue il documento, “la liquidità, oggi, non può garantire una continuità d’impresa alle condizioni attuali. Quindi, assieme a un necessario piano di sviluppo prodotto in corso, il rilancio non è possibile senza un ripensamento molto importante dei costi, a tutti i livelli”.

In conclusione, i vertici di Campagnolo spiegano di aver “prodotto un piano finanziario rivolto agli istituti ed eventuali partner per invertire la tendenza e riconsegnare alla comunità vicentina un’azienda non solo tecnicamente all’eccellenza, ma anche capace di sostenersi e con una riduzione del costo del lavoro del 40 per cento che permetterà una prosecuzione dell’occupazione nel sito di Vicenza anche in futuro, seppur ridotta”.

Fiom Vicenza: “I licenziamenti non sono la soluzione”

“Esprimiamo forte preoccupazione riguardo ai licenziamenti annunciati da Campagnolo”, spiega Marco Maraschin (Fiom Cgil Vicenza): “Non neghiamo l’esistenza di una crisi, né la crasi del fatturato negli ultimi due anni, ma i licenziamenti non possono essere l’unica soluzione proposta per risanare l’azienda”.

La Fiom Cgil vicentina “comprende bene come il sistema della bici, dopo le forti crescite dell’immediato post-pandemia, sia entrato in una spirale negativa, e gli esempi in questo senso in Veneto non mancano”. Nel contempo, però, considera necessario “illustrare prima un piano industriale credibile e poi, eventualmente, ragionare sul costo del lavoro e sui modi per contenerlo”.

Venendo al bilancio aziendale, Maraschin evidenzia che “la situazione non è così disastrosa come ha dichiarato l’azienda sui giornali. Non è necessario, quindi, usare i licenziamenti come strumento per garantire la continuità aziendale, mentre è possibile salvaguardare l’intera forza lavoro presente”.

Per Maraschin “ci sono molteplici strade da poter intraprendere senza arrivare a questa decisione, in primis aprire una consultazione con Veneto Sviluppo. Ribadiamo quindi la necessità di tutelare tutti i posti di lavoro e di aprire un confronto costruttivo con l’azienda, al fine di trovare soluzioni alternative ai licenziamenti nel rispetto dei diritti e della dignità di lavoratori e lavoratrici”.

Il rappresentante della Fiom Cgil vicentina sottolinea che “quanto ci è stato prospettato somiglia più a una ristrutturazione economica per rilanciare i prodotti in catalogo, che non a produrne di nuovi. L’unica soluzione paiono i licenziamenti ed esternalizzare la produzione, lasciando in Veneto il minimo indispensabile”.

Maraschin così conclude: “Chiediamo il ritiro dell’intenzione di procedere con la riduzione del personale e invitiamo la proprietà alla responsabilità e al dialogo, ricordando che non possono essere i lavoratori e le lavoratrici a pagare il prezzo delle crisi e che le persone che lavorano devono essere rispettate e tutelate anche dalle parti datoriali”.