L'ex Ilva è nella bufera. Mentre a Taranto in termini unilaterali ArcelorMittal comunica il numero delle giornate di cassa integrazione, allo stesso tempo a Bruxelles il ceo della multinazionale minaccia la chiusura dello stabilimento a partire dal 6 settembre, se non verrà ripristinata l'immunità penale per la gestione del piano ambientale e industriale.

“È il momento della responsabilità di governo e impresa. L’attività siderurgica non può essere fermata, altrimenti il nostro Paese non sarà più un Paese industriale”. A dirlo è il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: “Al governo chiediamo di fare la propria parte, vari subito una legge collegata al piano degli investimenti e li realizzi nei tempi previsti. Non scarichi le responsabilità di ciò che non ha fatto in passato sul nuovo gruppo, ma risponda di ciò che farà. Ad Arcelor Mittal, invece, chiediamo di smetterla con le minacce e i ricatti, deve confrontarsi con il sindacato e con i lavoratori”. Per Landini “la convocazione del tavolo è fondamentale per avviare la discussione, e applicare tutti i punti dell’importante accordo che è stato già sottoscritto. Può essere l’occasione per unire lavoro, salute e sicurezza, senza metterli in contrapposizione. Taranto può essere l’esempio in Europa e nel mondo di come realizzare le politiche industriali. Nei prossimi giorni metteremo in campo tutte le iniziative che riterremo opportune”.

“È una gestione a dir poco incauta da parte del governo, e un atteggiamento inaccettabile di ArcelorMittal, che stanno addensando una tempesta perfetta che rischia di travolgere non solo lo stabilimento di Taranto, e quelli collegati di Genova e Novi Ligure, ma anche di minare le prospettive dell'intero settore siderurgico”. È l'allarme lanciato dalla segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David. "Il governo ha comunicato semplicemente che il 4 luglio incontrerà i vertici aziendali", continua Re David: "Non si è degnato nemmeno di rispondere alle reiterate richieste urgenti di incontro di Fim, Fiom e Uilm. Così non si può andare avanti. Non siamo di fronte a un'ormai accertata scarsa propensione al dialogo, ma a una gestione improvvisata del governo e a una responsabilità rilevante della multinazionale. Il ministro Di Maio chiarisca il senso della sua affermazione secondo cui ‘se l'azienda rispetta i tempi del piano non ha di che preoccuparsi’”.

Francesca Re David evidenzia di aver segnalato "come le vicende legate all'approvazione del dl crescita, con il superamento delle norme sulle immunità penali in vigore dal 2015, indicassero l'urgente necessità di dotare il Paese di un quadro legislativo ragionevolmente stabile, senza il quale diventa impossibile per chiunque pianificare e gestire investimenti della dimensione necessaria al settore siderurgico”. Ciò, però, “non legittima ArcelorMittal ad atteggiamenti minacciosi e vagamente ricattatori, né legittima il governo a una gestione della vicenda che non metta i lavoratori e il Paese nelle condizioni di valutare la reale posta in gioco”. Se nelle prossime ore non si attiverà il tavolo di monitoraggio previsto nell'accordo, “che tra l'altro non è mai stato convocato, valuteremo insieme a Fim e Uilm e alle Rsu degli stabilimenti tutte le iniziative da intraprendere”.