“Un clamoroso passo indietro del governo rispetto a quanto promesso negli incontri precedenti”. È quanto constatato dai sindacati nell’incontro di martedì 12 settembre al ministero delle Imprese sui 651 lavoratori Almaviva a rischio licenziamento.

Di questi 651 lavoratori, 428 sono ex addetti al servizio 1500, il filo diretto con la cittadinanza attivato dal ministero della Salute durante la pandemia. Tutti in cassa integrazione a zero ore da febbraio, ammortizzatore sociale che non potrà essere prorogato oltre il 31 dicembre 2023” prosegue la nota.

“Stando a quanto comunicato dal ministero della Salute presente al tavolo, il servizio 1500 ripartirà sì in via sperimentale, ma occuperà solo il 20% dell’attuale bacino di dipendenti Almaviva”, commentano Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazione: “A fornire informazioni e assistenza saranno 80-90 lavoratori, per arrivare a 100 da gennaio 2024. Un pesante ridimensionamento rispetto ai 200 full-time equivalent di cui si era discusso negli incontri precedenti”,

Insoddisfazione dei sindacati anche per “la totale assenza di proposte per la rimanente forza lavoro. Nessun progetto di riqualificazione prospettato, nessuna moral suasion messa in campo verso committenti e aziende del settore, nessuna soluzione prospettata per oltre 550 lavoratori”.

Secondo Daniele Carchidi (Slc Cgil), la via d’uscita è “la riqualificazione professionale, attraverso percorsi di formazione e il coinvolgimento di società a partecipazione pubblica. Come sindacato sappiamo contrattare in anticipo gli effetti della digitalizzazione, ma servono interlocutori affidabili e lungimiranti, sia aziendali sia istituzionali”.

Il tavolo presso il ministero delle Imprese sarà aggiornato a breve. “Ma senza la volontà politica del governo – concludono i sindacati – la strada (ampiamente percorribile) del ricollocamento si trasformerà in un dramma occupazionale”.