Il numero degli esuberi dichiarati è da capogiro: 833, tra operai e impiegati. La Sirti, colosso nazionale delle infrastrutture per telecomunicazioni e information technology, ha dichiarato i licenziamenti giovedì 14 febbraio, pari al 23 per cento del personale. Ancora da definire la geografia degli allontanamenti, che sembrerebbe colpire maggiormente la business unit Telco (reti di accesso, manutenzioni, radiomobili, reti civili e fibra): le indiscrezioni parlando di 250 tra Milano e in Lombardia, un centinaio nel Triveneto, Emilia Romagna e Marche, e un altro centinaio tra Calabria e Sicilia. Immediata la protesta dei sindacati, che hanno subito indetto lo stato di agitazione del gruppo, con la sospensione di prestazioni straordinarie, flessibilità, reperibilità e tempi di viaggio.

La mobilitazione dei lavoratori della Sirti (controllata dall’agosto 2016 dalla società d’investimento statunitense Pillarstone) è dunque al via. Per oggi (martedì 19) sono previste assemblee nei luoghi di lavoro, e una serie di scioperi: quattro ore nelle sedi di Alessandria, Calenzano (Firenze), Roma (alla cui assemblea partecipano i coordinatori nazionali Fim, Fiom e Uilm), Trento e Verona; due ore nelle sedi di Ancona, Bologna, Catania e Modugno (Bari). Seconda giornata di protesta dei 3.692 addetti Sirti è mercoledì 20: sciopero di quattro ore a Belluno, Cagliari, Catanzaro, Genova, Milano, Palermo, Treviso e Udine; stop di due ore a Bologna e Modugno (Bari). Il prossimo incontro con la società è in calendario per giovedì 21. Da segnalare, infine, che lunedì 18 hanno già scioperato per quattro ore gli addetti delle sedi di Napoli e Salerno, e per due ore quelli di Carini (Palermo)Ancona e Lecce.

Molto partecipata stamani (martedì 19 febbraio) è stata l'assemblea di Milano, che ha proclamato per mercoledì 20 quattro ore di sciopero, con presidio a Mazzo di Rho (in via Giuseppe Di Vittorio 16). “Anche noi vogliamo trasformare l’azienda, ma senza licenziare 833 lavoratori", spiega Roberta Turi, segretaria generale della Fiom Cgil milanese. "Riteniamo inaccettabile che la Sirti abbia deciso di lasciare a casa proprio quei lavoratori che dovrebbero portare a termine il piano banda ultralarga e intraprendere le attività previste per il 5G. Tra i lavoratori in esubero, infatti, ci sono anche coloro che posano la fibra e i lavoratori del radiomobile". Per l'esponente sindacale "il motivo vero dei licenziamenti annunciati è che i gruppi dirigenti aziendali vorrebbero guadagnare di più, utilizzando in maniera selvaggia appalti e subappalti. E in futuro non sono esclusi altri tagli"

La segretaria Fiom evidenzia anche che "l’azienda sta tentando di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, i sommersi e i salvati. Noi proviamo invece a unirli per proporre un piano di trasformazione che dovrebbe prevedere la riqualificazione di tanti e l’accompagnamento in pensione di altri senza penalizzazioni economiche". Così conclude Roberta Turi: "L’azienda smentisce che in Lombardia ci sarebbero circa 250 lavoratori in esubero. In Assolombarda ha fornito numeri elevatissimi per l’area Nord-Ovest: 138 lavoratori dell’area telco, 22 dello staff telco, 28 del digitale, 44 dello staff. Se non sono 250, ci siamo vicini. Non ci interessa il balletto dei numeri, la Sirti smentisca che vuole aprire una procedura di licenziamento collettivo per 833 persone, se ne ha il coraggio. Noi comunque ci opporremo in tutti i modi a questo piano”.

Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil nazionali respingono decisamente “un piano di ristrutturazione e riorganizzazione che scarica drammaticamente sui lavoratori le conseguenze di un mercato delle telecomunicazioni senza governo, con scelte aziendali miopi e sbagliate”. I sindacati, riferendosi all’incontro con l’azienda, spiegano che Sirti “ha ricondotto tale decisione alle condizioni di mercato, che hanno generato pesanti perdite finanziarie nell’ultimo biennio, scarsa marginalità e ulteriore frammentazione dei soggetti imprenditoriali concorrenti”.

I sindacati chiedono al governo non solo “un intervento concreto per il mantenimento dell’occupazione nel gruppo, ma anche un confronto permanente sulle condizioni di lavoro e sulle prospettive del settore, dilaniato da gare assegnate al massimo ribasso e oggetto di una progressiva rivoluzione tecnologica”. Per Fiom, Fim e Uilm “la guerra di posizione tra i maggiori azionisti, interna a Tim, non può essere scaricata sui lavoratori delle installazioni telefoniche. Pur essendo, da anni, in mano ad aziende private, il settore telefonico ha urgente bisogno di un governo pubblico”. In questa chiave, richiamano anche la “paradossale” situazione della Open Fiber, “di fatto una società a partecipazione pubblica, le cui regole d’ingaggio, in termini di gare e di tempistica nei pagamenti, stanno mettendo in crisi gli operatori del settore più strutturati, ovvero quelli con maggiore occupazione e più rispettosi delle tutele previste dalla contrattazione collettiva e della tutela della salute e sicurezza”.

A Sirti e ad Assolombarda i sindacati chiedono “la sospensione dell’avvio della procedura di licenziamento collettivo e, al contempo, l’apertura di un confronto con il governo, al fine di effettuare un’analisi approfondita per ricercare le opportune soluzioni che potranno anche prevedere l’utilizzo di ammortizzatori sociali non espulsivi, favorendo il ricambio occupazionale, tramite riconversione professionale e accompagnamento alla pensione”. Sempre all’azienda, infine, chiedono “di congelare il piano unilaterale d'incentivi e di aprire un confronto sull’organizzazione del lavoro, nell’ottica di un’intesa sindacale”.

Diverse sono le prese di posizione delle organizzazioni territoriali. “Siamo molto preoccupati per questa situazione, anche perché la Sirti ha subìto continue riorganizzazioni, l’ultima solo nel novembre scorso”, commenta la Fiom Cgil di Bologna, evidenziando che la crisi del gruppo si lega “anche al blocco delle infrastrutture a livello nazionale, visto che Sirti lavora anche per la Tav, oltre che per la Tim. Quella delle telecomunicazioni è dunque un’attività strategica”. La Rsu Fiom dello stabilimento di Mareno di Piave (Treviso) pone l’accento sul fatto che “non vi è carenza di lavoro, anzi i recenti violenti eventi atmosferici hanno consegnato nel Triveneto una mole di lavoro per diversi anni, prima di tornare alla normalità. Infatti l'espansione di lavoro di installazione, manutenzione e interventi sulle reti sono sub-appaltate a ditte in supporto ai lavoratori Sirti. E qui sta il nodo. La Tim pare voler far pagare lo scontro in corso tra italiani e francesi per il controllo della società alle imprese primarie che lavorano sulla rete. La Sirti ha denunciato come causa della crisi il taglio dei prezzi, da parte della Tim e degli altri competitor”.

“Un provvedimento non solo sbagliato ma anche controproducente, in quanto contrasta con l’esigenza di dare impulso allo sviluppo della ultra banda larga del Paese”. A dirlo sono la Slc Cgil e Rsu Tlc delle Marche, esprimendo la propria solidarietà ai lavoratori coinvolti. Secondo alcune stime, sono a rischio circa 93 dipendenti del bacino pluriregionale e 40 nelle Marche. “Richiamiamo tutte le parti che hanno responsabilità, a partire da Sirti, governo e committenti, come Tim, affinché siano ritirati i licenziamenti e affrontate le problematiche insieme ai sindacati”, spiegano Slc e Rsu marchigiane: “Tale questione rende ancora più necessario rompere il meccanismo dalle gare al massimo ribasso, che continua, come in questo caso, a produrre effetti dirompenti sull’occupazione e sulla qualità del servizio. Non si fa competizione sulla pelle dei lavoratori”.

Forte preoccupazione esprimono anche Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil della Calabria, denunciando “gli impatti devastanti causati dalle politiche scellerate di Tim nel mondo degli appalti telefonici” e affiancando la protesta “delle federazioni metalmeccaniche di Cgil, Cisl e Uil a difesa dell’occupazione e nel rivendicare con fermezza il tavolo nazionale al ministero dello Sviluppo economico per il settore delle telecomunicazioni”.

(aggiornamento ore 12.06)