"Nell’area industriale di Bari sono 18 i tavoli di crisi e 2228 i lavoratori coinvolti. Essere qui oggi (27 aprile) nel Consorzio Asi, non è una scelta casuale", spiega Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil Bari. "Questo luogo deve essere la casa delle lavoratrici e dei lavoratori e vogliamo che si crei uno spazio sindacale unitario che possa essere vissuto da tutte e tutti in assemblee, un luogo aperto a chi produce lo sviluppo industriale, un luogo democratico". Questa la proposta lanciata dalla segretaria Bucci al presidente del Consorzio Asi, Pierluigi Vulcano, che ha aperto l’iniziativa. "Stiamo inaugurando - spiega la segretaria - un nuovo approccio politico di tipo collettivo e confederale rispetto al comparto industriale. I problemi dei lavoratori della Baritech, della Bosch o altri sono vertenze di tutti e non della singola categoria. Serve un approccio più ampio perché siamo per la prima volta dinanzi a un passaggio tecnico e politico importante. L’Europa smette di essere mercato e diventa Stato mettendo a disposizione risorse importanti per governare e gestire le transizioni che serviranno a ridurre disuguaglianze e divari e costruire un modello di sviluppo per tutti senza alcuna distinzione. Dobbiamo governare le transizioni, renderle inclusive e democratiche altrimenti ci troveremo a gestire le dismissioni industriali con il rischio di diventare altro e lentamente morire, allontanandoci sempre più dal modello di Paese che è stato, e cioè industriale e manifatturiero. Dobbiamo metterci insieme e partire sempre dalla Costituzione, da quell’articolo 41 che lega la libertà di impresa alla responsabilità sociale delle imprese: i lavoratori espulsi a seguito di crisi industriali sono un problema sociale di cui tutti devono farsi carico".

"Questa iniziativa - ha spiegato il segretario generale della Fiom Cgil Bari Ciro D’Alessio - è un passaggio importante nel percorso cominciato il 27 febbraio scorso con la convocazione dell’assemblea nazionale unitaria delle due categorie industriali della Cgil, Fiom e Filctem, “Il lavoro industriale al centro del futuro del Paese”. L’area metropolitana di Bari è coinvolta all’interno della discussione rispetto al futuro dell’industria e a quali strategie mettere in campo per affrontare la crisi che attraversa i vari settori. Aziende come Bosch, Getrag o Magneti Marelli per quanto riguarda il settore dell’automotive e aziende come Engie o AC Boilers (ex Ansaldo caldaie di Gioia del Colle) nel settore dell’energia, nei prossimi anni subiranno o un forte ridimensionamento di personale o la chiusura totale del sito. Nonostante i ripetuti appelli da parte del sindacato, non esiste ancora una vera politica industriale che miri a una reale riconversione delle aziende verso produzioni di nuova generazione. Mancano strumenti utili a gestire la fase di transizione. La crisi industriale nel nostro Paese non può essere affrontata per settori ma deve essere affrontata in maniera generale. Quello che la Fiom Cgil Bari chiede, è che ci sia un'unica cabina di regia, che coordini gli interventi e dia una prospettiva generale all’industria del nostro Paese".

"Da oltre un anno sul nostro territorio - ha spiegato Saverio Fraccalvieri, segretario generale Filctem Cgil Bari - stiamo fronteggiando una serie di crisi occupazionali di diverse imprese, in vari settori dell'industria, tanto da parlare di vera e propria "Vertenza Area Metropolitana Barese". Non mi riferisco solo alla vertenza Baritech dove i lavoratori in Naspi attendono una ricollocazione, ma penso anche ai lavoratori del Palace Hotel e a quelli che da anni usufruiscono di massicce dosi di ammortizzatori sociali: Natuzzi, Italian Leather Group. Seguiamo un'area in cui convivono pezzi di eccellenza capaci di attirare investimenti anche nel campo della farmaceutica, come la Merck Serono o aziende come la Bridgestone che nonostante la crisi degli ultimi anni tornano a recuperare terreno. Seguiamo aziende come la Ex OM carreli, oggi Selectika, che stentano ad avere un futuro e attendono da anni la riconversione e il recupero occupazionale. Questa disamina ci fa capire quanto il nostro comparto industriale necessiti urgentemente di investimenti in tecnologia, in innovazione di processo, di formazione delle maestranze. Abbiamo chiesto unitariamente alle istituzioni del territorio, di attivare un tavolo per trovare percorsi di riconversione industriale e recupero occupazionale di quei lavoratori espulsi da aziende in crisi o aziende che hanno cessato l'attività. E l’elenco è lungo: 109 lavoratori della Baritech licenziati, che attualmente stanno usufruendo della Naspi; 195 i lavoratori dell'Italian Leather Group, in contratto di solidarietà in deroga fino a Giugno 2023; 128 lavoratori della Selectika (EX Om), di cui solo 12 unità lavorano con un part time di 4 ore al giorno, il restante sono in attesa da 11 anni di una riconversione e recupero occupazionale; 63 le unità lavorative in contratto di solidarietà fino al 30 maggio 2023 dell’azienda Chimica D’Agostino. Per non parlare del settore tessile e abbigliamento, dove sono stati già licenziati più di 200 lavoratori. Oggi - ha concluso Fraccalvieri - chiediamo alle istituzioni presenti di fare squadra, di chiedere a quelle aziende che vengono a investire e che presentano richieste di sostegno pubblico, che si impegnino a ricollocare i lavoratori provenienti da situazioni di crisi, soprattutto quei dipendenti che anagraficamente hanno maggiore difficoltà a trovare una ricollocazione".

"La transizione energetica, ambientale, digitale, è un processo ineludibile che ha dei costi e questo va detto con chiarezza - spiega Francesco Prota, professore di Economia Politica all’Università di Bari -. Si tratta di processi che non possono essere lasciati alla libera iniziativa delle imprese, ma serve l’impegno del pubblico che ha l’obbligo di indirizzare le politiche produttive inserendo anche le clausole sociali richiedendo così un impegno serio ai players industriali. Questo significa avere un ruolo attivo del pubblico. Transizione significa riconversione dei processi produttivi e formazione. Queste transizioni non possono che avvenire in maniera guidata ed è la formazione l’elemento centrale per tutte le innovazioni tecnologiche che queste transizioni richiedono". 

"Manca l’innovazione nel processo produttivo, questo è il problema. Tempi e modi non sono più quelli di un tempo - ha ribadito Leo Caroli, a capo della task force regionale -. I tavoli di crisi sono diventati 40 (da 38) con l’aggiunta di due situazioni vertenziali nel foggiano. Stiamo lavorando affinché la Regione Puglia dia una mano a chi investe nell’innovazione dei processi e dei prodotti. 
Regione Puglia ha scelto di finanziare in maniera significativa gli investimenti in innovazione, quelli che vanno nella direzione del processo produttivo e quelli rivolti alla ricerca in funzione proprio della riconversione dello stabilimento. Pensiamo ad esempio alla Bosch. Attraverso le politiche regionali di sviluppo proviamo a fare un lavoro che sicuramente ha dei limiti nel momento in cui mancano le politiche nazionali. Senza gli ammortizzatori sociali si esce dal processo produttivo, per cui noi lavoriamo anche con quelli straordinari per affrontare questa difficile fase di transizione". 

"Dobbiamo ammettere che come istituzioni oggi non siamo stati in grado di dare risposte a tavoli di crisi drammatici come Baritech - ha dichiarato Eugenio Di Sciascio, vicesindaco e assessore al lavoro del comune di Bari -. Anche per la vertenza BRSI, non siamo riusciti ad attivare uno strumento che permettesse ai lavoratori di riqualificarsi affinché potessero essere assunti da nuovi players industriali insediatisi nel nostro territorio. Allora dobbiamo, come istituzioni, avere la forza di governare il reinserimento dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Proprio imparando da queste esperienze stiamo costruendo insieme a tutti gli attori interessati una nuova misura, “Bari Lavora” a livello di città metropolitana che sappia accompagnare le transizioni industriali in atto e attrarre nuovi insediamenti che diano lavoro stabile".

Da Cesare De Palma, presidente Federmeccanica è arrivato l’invito a governare insieme la transizione della cultura del lavoro, rispettando le tutele e sostenendo la responsabilità sociale e a guidare chi è coinvolto dai processi di transizione industriale verso un lavoro multidisciplinare e responsabile che aiuti le pmi in un evidente bisogno di professionalità stabile.

Marco Falcinelli segretario generale Filctem: "Il cambiamento o lo governi o lo subisci" 

“Siamo difronte a grandi processi di cambiamento che nei prossimi anni stravolgeranno il mondo industriale - ha spiegato Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, preoccupato per la scarsa interlocuzione con il governo. “Affrontare la transizione - ha continuato - significa comprendere che in Europa non siamo messi tutti nelle stesse condizioni. È indispensabile fare sistema superando steccati e divisioni, altrimenti le transizioni si tramuteranno inevitabilmente in dismissioni industriali. Manca una politica industriale, cioè quell’idea che consentirebbe al Paese di impiantare filiere industriali atte a produrre la tecnologia indispensabile ad affrontare le transizioni. Scontiamo dei ritardi che non sono colmabili in tempi così rapidi. Il quadro ci fa dire che pur mettendocela tutta dobbiamo fare i conti con la realtà. Abbiamo bisogno di più tempo e di più impegno per attivare determinati processi di cambiamento. Va rimesso al centro il lavoro, così come i lavoratori dovranno diventare protagonisti del loro cambiamento professionale. La fatica di cambiare può essere affrontata non con il rischio di perdita del lavoro ma pensando che quel cambiamento sarà foriero di una crescita. Questa la vera resilienza perché il cambiamento o lo governi o lo subisci. I giovani vanno via perché all’estero guadagnano tre volte di più e hanno una stabilità che in Italia non hanno. I processi che dovremo affrontare nei prossimi anni - ha concluso Falcinelli - non possiamo gestirli esclusivamente con gli ammortizzatori sociali”.

Michele De Palma, segretario generale Fiom: "Nel Mezzogiorno vogliamo il lavoro e vogliamo lavoro industriale"

"C'è un processo di dismissione in atto nel nostro sistema industriale, soprattutto nel Mezzogiorno. Serve una programmazione delle politiche industriali. Le risorse del Pnrr devono servire per la transizione, ma anche per garantire e implementare l’occupazione sul territorio. E invece, anziché parlare di transizione, siamo dinanzi alla cessazione dei rapporti di lavoro e delle attività produttive, soprattutto nel settore dell’automotive - ha spiegato il segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma nelle sue conclusioni -. Dobbiamo pensare a come sviluppare a Bari che ha una storia straordinaria nel settore, competenze e capacità di ricerca e sviluppo. Abbiamo bisogno delle risorse del Pnrr e di una cabina di regia tra Regione, MIMIT e ministero del Lavoro per attuare piani formativi per garantire occupazione e competenze delle lavoratrici e dei lavoratori. A Bari sono anni che discutiamo della transizione dello stabilimento Bosch. Come governiamo il processo di transizione? Dobbiamo contrattare. Perché gli investimenti ci sono là dove c’è la contrattazione. Va però capito che il ruolo sindacale è un ruolo economico e non più soltanto contrattuale e basta. Il Governo deve predisporre un pacchetto di misure a favore delle imprese, che entrano nel processo di transizione, che preveda innovazione di prodotto oltre che di processo. Occorrono strumenti di lotta nuovi. Dopo le manifestazioni di Cgil, Cisl e Uil si deve aprire una discussione sul sistema dell'industria nel nostro Paese. Il tempo della resistenza è finito. Nel Mezzogiorno vogliamo il lavoro, e vogliamo lavoro industriale".