Arriva a margine della fiera Vinitaly l’ultima staffilata di un rappresentante del governo alla generazione più precaria di sempre. Il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida ha invitato i giovani italiani ad andare a lavorare nelle campagne dove "c'è bisogno di manodopera, i giovani devono sapere che non è svilente. Anzi, quello che non è un modello di civiltà è non andare a lavorare, stare sul divano e gravare sulle spalle altrui col Reddito”.

Traduzione: l’agricoltura ha bisogno di manodopera dunque rimboccatevi le maniche e lavorate, ragazzi, senza soffermarvi su dettagli come quale lavoro, quale contratto, quali diritti. Dalla Flai Cgil, la federazione che rappresenta i lavoratori e le lavoratrici dell’agroindustria e che da anni denuncia le condizioni difficili di chi è occupato nel settore, la reazione è quasi incredula. 

“Come fa il ministro a non rendersi conto che nel nostro Paese è il lavoro che manca? – commenta il segretario generale Giovanni Mininni raggiunto al telefono da Collettiva.it –. E intendo con questo un’occupazione dignitosa e giusta. Sono al governo, hanno tutte le leve per cambiare il modello di sviluppo, invece non sembrano rendersi conto delle difficoltà strutturali sulle quali bisognerebbe intervenire, non riflettono sul fatto che le imprese sono sempre meno e assumono sempre meno, e neppure sul fatto che sempre più lo sviluppo è diventato sviluppo senza occupazione, al contrario preferiscono prendersela con chi un lavoro non lo trova”.

I giovani, appunto, che preferirebbero il divano e il Reddito di cittadinanza a un lavoro. Una variazione sul tema choosy e bamboccioni?
In realtà è peggio di così, perché la concezione che c’è dietro queste affermazioni è che si deve andare a lavorare, qualunque sia il lavoro offerto e a qualunque condizione. Insomma una situazione paragonabile a quella de I Miserabili di Victor Hugo. Questo governo, non solo il ministro Lollobrigida, elude un tema centrale: il lavoro è un diritto e fonte di dignità, non semplice sopravvivenza ma emancipazione. E sinceramente io non vedo bamboccioni capricciosi sul divano, piuttosto penso che probabilmente nessun giovane vorrebbe rimanere sul divano e se ci resta è perché è sfiduciato e disilluso da questa società che non riesce a offrirgli un lavoro dignitoso. Sono sicuro che preferirebbe un lavoro in agricoltura al reddito di cittadinanza, se quel lavoro fosse legale, regolare e gratificante. Ma la realtà è ben diversa.

Qual è questa realtà?
Paghe basse, scarsi diritti, sfruttamento, sotto-salario in molte aree del Paese, a Nord come a Sud. Il punto è che il lavoro in agricoltura è faticoso, ma soprattutto in larga parte malpagato, con orari troppo lunghi e diritti che vengono negati. Non lo diciamo solo noi con l’Osservatorio Placido Rizzotto, ma lo certificano l’Istat e l’Ispettorato del lavoro: fino allo scorso anno questo settore presentava irregolarità per oltre il 60%, dalle violazioni in busta paga a fenomeni di schiavitù moderna: il nostro è uno dei settori più ampiamente irregolari nel nostro Paese. 

E il contratto di lavoro occasionale? Lo avevano presentato come un’opportunità…
Noi lo avevamo detto subito al ministro che questo nuovo istituto non avrebbe avvicinato le persone al lavoro in agricoltura, anzi tutt’altro. Pensate: viene avviato un contratto della durata di 45 giorni per un intero anno, la busta paga si prende alla fine del rapporto di lavoro, cioè a dicembre, e a lavorare ci si va solo per pochi giorni al mese. Non poteva essere questa la soluzione e, infatti, ci ritroviamo a primavera con il solito problema di sempre: non si trovano lavoratori per l’agricoltura. Forse perché non si trovano lavoratori da sfruttare in agricoltura? 

Qual è la soluzione?
Incrementare i salari, rafforzarli attraverso la politica fiscale. Come Cgil avevamo chiesto di tagliare di cinque punti il cuneo fiscale e darli tutti al lavoro, ma il governo non ci ha risposto. I salari agricoli, che sono di per sé bassi, stanno scivolando sotto la soglia di povertà a causa dell’inflazione. Oggi la difesa dei salari non può essere affidata solo alla contrattazione. Ecco, invece di fare battute mal riuscite sui giovani e il lavoro, facciano politiche fiscali adeguate e vedranno quanti ragazzi si precipiteranno a lavorare anche in agricoltura. 

Contratti e salari, ma anche sfruttamento e caporalato. Cosa sta facendo il ministro su questo fronte?
Ha rilasciato una dichiarazione affermando che intende intensificare il contrasto a caporalato e lavoro nero. Bene. Però non vediamo al momento azioni conseguenti, Penso al taglio delle attività dell’Ispettorato del lavoro o alla privatizzazione delle ispezioni affidate ai consulenti. Siamo preoccupati. 

Servono immigrati regolari – dice sempre il ministro Lollobrigida – ma "l’immigrazione clandestina è il primo nemico di quella legale". 
Qui siamo nel mondo delle favole. Dei giovani ci viene raccontato che sono nullafacenti sul divano, degli immigrati, non so, forse che vengono in Italia in vacanza? Le persone emigrano per necessità. Che vengano per fame o per guerra o anche per desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro per noi fa lo stesso: i migranti vanno accolti. Il tema vero è che le vie legali di immigrazione sono precluse. Bene che si tornino a programmare politiche dei flussi ma restano del tutto insufficienti. 

Al congresso della Flai Cgil, più o meno due mesi fa, il ministro aveva assunto l’impegno di convocarvi e dialogare con il sindacato. Lo ha fatto? 
No, non ci ha convocato. Saremo convocati dopodomani (mercoledì 5 aprile) dal ministro Lollobrigida e dal ministro Urso ma non sappiamo ancora se avremo la possibilità di parlare o se dovremo solo ascoltare le politiche di indirizzo che questo governo vuole mettere in campo. Rilevo che finora hanno incontrato solo i datori di lavoro. D’altro canto – come è stato chiaro quando hanno cambiato il nome del ministero dello Sviluppo – per questo esecutivo il lavoro equivale alla centralità dell’impresa. Lo disse il presidente del Consiglio quando si insediò: “Lasciate fare chi produce”. E questa cosa si sta vedendo anche nelle modalità. Io ho apprezzato la venuta del presidente Meloni al congresso di Rimini, ma non basta. Ho apprezzato che abbia riconosciuto una grande organizzazione sindacale, la più antica, come lei ha detto, ma questo non è sufficiente perché servono atti concreti che diano seguito alle parole e questi atti concreti continuano a scarseggiare.

Un atto concreto?
Hanno il Pnrr a disposizione, no? Evitino che il pnrr produca solamente arricchimento delle imprese e della classe più agiata e facciano in modo che crei, invece, opportunità di lavoro. Queste cose sembra, però, che questo governo, come i precedenti d’altro canto, non voglia farle e se la cava accanendosi sui poveri e su chi ha meno opportunità in questa società. È troppo facile così.