Una crisi incomprensibile, visto che il fatturato aziendale continua a salire e anche i ricavi migliorano. Italtel, multinazionale dell'Ict con oltre un secolo di storia alle spalle, ha annunciato il 28 febbraio scorso a governo e sindacati l'ennesimo piano di ristrutturazione, che comporterà, da qui al 2026, 123 esuberi, da individuare fra gli 880 addetti delle sedi di Milano, Roma e Palermo.

Il gruppo si giustifica con il mutato scenario aziendale e il riposizionamento sul mercato. Così, dopo anni di tagli, cassa integrazione e contratti di solidarietà, è arrivata l'ennesima doccia gelata. Italtel, dopo il salvataggio, il riassetto societario, l'arrivo del nuovo top management e una nuova strategia di business verso settori innovativi, si ritrova, a pochi mesi dall'annuncio del rilancio, in concomitanza con la presentazione del nuovo piano industriale 2022-2026, ad affrontare un'altra fase difficile.

Presentato nell'estate 2022 all'allora ministero dello Sviluppo economico e alle parti sociali, il nuovo piano ha tra i capisaldi il ridisegno del catalogo d'offerta, l'ingresso in nuovi mercati per controbilanciare la presenza nel mercato delle telecomunicazioni in forte contrazione, lo sviluppo di soluzioni software e il maggior focus sui servizi. A supporto di questo percorso, il piano prevede anche la trasformazione delle competenze interne con un intervento di reskilling, affiancato da un programma di ristrutturazione degli organici, ritenuti dall'azienda "non più in linea" con lo scenario attuale.

La reazione dei sindacati

"Esprimiamo forte preoccupazione sul futuro del gruppo e respingiamo con forza la falsa soluzione alla crisi aziendale che dipende dalle difficoltà gestionali della nuova proprietà", spiegano Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil e Rsu: "Chiediamo l'intervento del governo, perché non è ammissibile che un'azienda sgravata del pesante indebitamento (scaricato su lavoratori e creditori), in un momento di grande attività nel mondo dell'Ict e delle telecomunicazioni, grazie agli investimenti del Pnrr, intenda licenziare il 15% del proprio organico".

Mercoledì 15 marzo, nella sede milanese di Assolombarda, si è aperta la trattativa tra management e sindacati. In concomitanza con l'incontro, i lavoratori hanno incrociato le braccia per chiedere il ritiro dei licenziamenti e un "serio" piano industriale. "Ognuno è rimasto sulle rispettive posizioni", illustra Roberto Dameno (Fiom Cgil Lombardia): "Oltre al ritiro della procedura di licenziamento collettivo, abbiamo chiesto un incontro al ministero delle Imprese per la verifica del piano industriale e l'utilizzo degli ammortizzatori sociali".

La situazione a Milano e Palermo

Proprio nel sito milanese di Italtel sono concentrati la maggior parte degli esuberi. "A Milano attualmente sono occupate circa 500 persone. Qui l'azienda ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 86 addetti", prosegue Dameno: "Il bello è che Italtel, anche a detta del tribunale di Milano, non ha alcun problema economico e finanziario. I problemi, infatti, li ha Psc, che scarica i propri debiti sull'azienda d'informatica, di cui detiene la maggioranza azionaria".

Dei 123 esuberi a livello nazionale, 19 riguardano il sito di Carini (Palermo). Martedì 14 marzo sindacati e Rsu hanno incontrato in audizione la VI Commissione consiliare del Comune di Palermo, l'assessore comunale al Lavoro e il sindaco di Carini. "Abbiamo manifestato la nostra contrarietà a un ulteriore piano industriale di tagli di personale", dichiarano i segretari regionali di Fiom Cgil (Francesco Foti), Fim Cisl (Antonino Nobile) e Uilm Uil (Vincenzo Comella): "Tutto questo è aggravato dall'annuncio della vendita dello storico stabilimento di Carini, senza che sia ancora ben chiaro in che tempi avverrà e dove sarà la nuova sede. Rischiamo di vedere andar via un altro pezzo d'industria dal territorio, fondata su un asset che oggi dovrebbe essere in ascesa".