Un gesto disperato, come tanti altri lavoratori in questi anni. L’extrema ratio del “non ci arrendiamo”. Visto che gridare spesso non serve o non basta più, loro, Rocco e Francesco, operai del Consorzio di bonifica bacini ionici di Trebisacce, provincia di Cosenza, si sono arrampicati sul tetto dell'edificio sede dell'ente. Per farsi ascoltare, per provare ad accendere i riflettori su una vertenza che pure da mesi è sulle pagine dei giornali locali. Perché sono sei mesi che questi lavoratori non ricevono più lo stipendio. Negli ultimi venti giorni c’è stato un presidio ininterrotto e anche due giorni di sciopero. Ma la situazione non si è sbloccata.

(Il tetto spiovente nella foto dal cellulare durante la protesta)

“A noi operai dipendenti – ci spiega al telefono Rocco Pedace, sceso dal tetto poche ore fa dopo l’arrivo del vescovo di Cassino allo Jonio, Francesco Savino - ci mancano sei mensilità. Agli stagionali manca anche il pagamento della disoccupazione, come già gli era capitato negli anni scorsi. Ci mancano poi i soldi della cassa integrazione dicembre del 2020. Per colpa del Consorzio siamo persino iscritti al crif come cattivi pagatori e quindi se abbiamo un’urgenza per spese mediche non possiamo ottenere prestiti. Questo perché l’ente per cui lavoriamo da 12 mesi ha la trattenuta in busta paga per il quinto dello stipendio ma non la versa”. Una situazione davvero disperata di fronte a tante urgenze e ai conti che tornano sempre meno, dopo mesi di mancata liquidità, di inflazione alle stelle, di bollette astronomiche. Per 160 famiglie è un incubo. Eppure questi operai, coscienti del loro ruolo e delle loro responsabilità, soprattutto in un anno di temperature record per i picchi estivi e in un autunno di caldo fuori stagione, hanno continuato a garantire il servizio irriguo, portando acqua a tutti gli agricoltori della Piana di Sibari. “Lo abbiamo fatto a spese nostre, continuando ad andare al lavoro con le nostre auto e rimettendoci di tasca nostra i soldi della benzina”.

Lavoratori continuamente discriminati dall'atteggiamento padronale “portato avanti dal presidente dell’ente, Marsio Blaiotta – è la denuncia della tuta verde – che non tiene conto dell’anzianità dei suoi operai, per cui io, che sono dipendente del Consorzio da 25 anni, resto inchiodato al terzo livello, mentre chi è stato assunto da poco per decisione del presidente è già un quarto livello”. Divide et impera.

Questa mattina Rocco e Francesco hanno passato ore e ore sul tetto del consorzio, in una situazione di pericolo, come testimoniano alcuni video girati dai lavoratori, per la pendenza del tetto. Un gesto estremo a cui sempre più spesso ricorrere per ottenere risposte dalla politica di fronte a situazioni sempre più disperate. Anche il vescovo ha usato toni forti nei confronti delle istituzioni. La Flai Cgil e gli altri sindacati, del resto, aspettano un segnale concreto. I tavoli non bastano più. La speranza è che non serva salire di nuovo sul tetto per ottenere giustizia.