A iniziare dalla fine del 2015 mi sono trovata coinvolta in una brutta storia di molestie sul posto di lavoro. Tutto ebbe inizio con una serie di messaggi ricevuti sul cellulare di servizio, da parte di colui che all'epoca era il direttore della filiale di Asti. Il contenuto dei messaggi era: "Bacio, amore, sei fantastica", eccetera. Non ci diedi troppa importanza, ovvero sottovalutai l'atteggiamento scambiandolo addirittura per un eccesso di comportamento amichevole (è un uomo del Sud, mi dicevo, pertanto particolarmente espansivo).

Arriviamo con questa tiritera a primavera inoltrata del 2016, quando (dopo un corso che si era tenuto in filiale) mi chiamò nel suo Ufficio e chiuse la porta. Io pensai che dovesse dirmi qualcosa di riservato, per cui non ci feci troppo caso. Purtroppo lui cercò di baciarmi, avvinghiandomi le sue braccia cicciotte attorno al collo: a questo punto feci uscire tutta la forza che avevo dentro e lo respinsi, aprii la porta e me ne andai.

Pensavo erroneamente che fosse un uomo con un minimo di cervello e che avesse compreso che non avevo nessun interesse ad avere una storia con lui; ma dopo qualche mese tornò alla carica con altri messaggi. A questo punto lo chiamai e lo invitai a finirla con effetto immediato.

A fine settembre del 2016 arriva la sua ritorsione. Ricevo comunicazione che dovevo lasciare l'ufficio di Isola d'Asti per andare a Mombercelli. Uffici di pari livello, ma sostanzialmente differenti da diversi punti di vista. Ad Isola ero a soli 8 chilometri da casa, mentre da casa mia a Mombercelli ce ne sono 18; ad Isola lavoravo le pratiche di successione, mentre a Mombercelli no; ad Isola ero in un ufficio layout (con bancone basso e sedie basse), mentre a Mombercelli essendo un ufficio blindato avevo bancone alto e sgabello; oltre a tutta un'altra serie di elementi dal punto di vista commerciale.

A questo punto chiedo un incontro, per cercare di impugnare il trasferimento come previsto dal contratto nazionale, alle Risorse umane regionali. All'incontro oltre a loro ci trovo anche il responsabile relazioni industriali: quando provo a descrivere quello che era successo vengo invitata a farla finita e ad accettare di buon grado il trasferimento, in quanto era la mia parola contro quella di un direttore di filiale, non mi avrebbe mai creduta nessuno e dei messaggi che avevo a loro non interessava. Uscii da quell'ufficio con una rabbia dentro indescrivibile, mi sarei comunque aspettata solidarietà da parte delle Risorse umane essendo una figura femminile.

A questo punto iniziai a fare indagini sul fenomeno e scoprii che anche in un'altra filiale del Sud accadde una situazione simile alla mia. Contattai il segretario provinciale di Asti della Slc dell'epoca, al quale chiesi di andare dal legale per impugnare il trasferimento. Il legale iniziò la causa di impugnazione che si concluse con la vittoria del primo grado di giudizio nell'autunno del 2017. Ovviamente mi consigliò di tralasciare la storia delle molestie e facemmo solo riserva di quantificazione del danno patito in seguito (il tutto per evitare inutili prolungamenti di sentenza).

Nel frattempo, mi rivolsi al medico competente per avere l'esenzione alla sedia alta e al bancone alto, non ergonomicamente corretti. Ebbi l'agognata esenzione, che era però rivedibile. E a questo punto iniziarono a farmi girare su diversi uffici della filiale come collaboratore.

Quando ebbi la sentenza favorevole del Tribunale di Asti sezione Lavoro tornai all'interno dell'ufficio di Isola d'Asti, dove sempre per ritorsione venivo lasciata sempre sola, ma dove nonostante sputassi sangue per raggiungere i risultati questi non tardavano mai ad arrivare. Tant'è che era sempre tra i migliori Uffici di livello B di tutta la filiale.

L'azienda decide di andare in appello e qui nell'autunno del 2017 successe una cosa stranissima: i giudici della Corte d'Appello non tennero conto della violazione di un accordo sindacale e diedero ragione a Poste. Mi condannarono alla restituzione delle spese legali, cosa che feci prontamente tramite bonifico alla fine dello stesso anno.

Tutto proseguiva in modo abbastanza tranquillo, fino alla fine di febbraio quando venni a sapere che il direttore della filiale aveva dato mandato a un'azienda di rifare l'dfficio di Mombercelli (ufficio di cui Poste non è proprietaria e che paga solamente l'affitto), per abbassare il bancone e per rendere ergonomicamente corrette le postazioni di lavoro, al fine di rispettare la mia limitazione. A primavera inoltrata ricevo nuovamente il provvedimento di trasferimento da Isola a Mombercelli.

Un giorno la nuova segretaria provinciale della Slc di Asti mi chiede per quale motivo c'era da parte della filiale tutto questo accanimento nei miei confronti. Come donna aveva subito capito che sotto c'era dell'altro. Le raccontai tutto quello che era successo, e lei mi consigliò di attivare il protocollo delle molestie nei luoghi di lavoro. Io accettai.

A questo punto chiesi anche all'azienda in maniera formale tramite email (inviata ai vertici apicali nazionali) di attivare le indagini interne, cosa che venne fatta puntualmente. Nel frattempo, con il prezioso aiuto di Giorgia ci siamo recate dalla responsabile dell'Ispettorato del Lavoro, che fatto intervenire anche la consigliera delle Pari opportunità. E ritenendo grave tutto l'accaduto hanno trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica.

Nel frattempo vengo convocata dagli ispettori di Poste incaricati dello svolgimento delle indagini. Questi prendono atto dei messaggi ricevuti (che nel frattempo avevo fatto scaricare dal cellulare di servizio). Vengo anche informata che devono anche sentire il direttore di filiale.

In estate dello stesso anno vengo convocata a Torino dal responsabile Risorse Umane di macroarea e dal responsabile Relazioni industriali di Poste. Essi mi informano della conclusione in nulla di fatto delle indagini interne: se era pur vero che io avevo i messaggi in mano, dissero, il direttore di filiale aveva trovato un testimone che aveva dichiarato come fossi stata io a provarci con lui, non il contrario.

A questo punto mi era sorta spontanea una domanda di delucidazioni al responsabile Risorse umane: per quale motivo Poste aveva investito tutti quei soldi per rifare l'ufficio di Mombercelli visto che comunque avevano già ricevuto il nostro ricorso in Cassazione. Lui mi rispose che era stato fatto solo per volontà del direttore di filiale e che all'azienda non interessava dove fossi io a lavorare. L'ufficio di Isola sotto la mia direzione era sempre andato molto bene, aggiunse quindi che l'interesse aziendale era solo che tutta questa storia terminasse il prima possibile.

Nell'autunno dello stesso anno l'azienda decise di trasferire con effetto immediato il direttore di filiale a un'altra filiale. Nel frattempo nella primavera del 2020, non avendo notizie dal Tribunale di Asti (ed essendo ormai trascorso un anno), decisi di andare di persona per vedere a che punto era arrivata tutta la questione. Qui scoprii con un certo sconforto che tutta la pratica era stata archiviata, non essendo pervenuta la mia denuncia di parte lesa. Cosa di cui non eravamo a conoscenza.