"La Vibac, incurante dei segnali di allarme dei dipendenti, prosegue con la cassa integrazione guadagni ordinaria per 13 settimane, senza chiarire nulla sul proprio futuro e sugli investimenti per rendere competitivo il sito produttivo di Termoli. I rappresentanti dell’azienda, nell’incontro di lunedì scorso, hanno manifestato la loro assoluta inconsapevolezza sugli interventi da fare a Termoli, per superare i problemi di inefficienza produttiva e sicurezza degli impianti segnalati dalla proprietà, nella discussione per l’apertura della cassa integrazione guadagni". Così, in una nota, le segreterie e le Rsu Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e Failc Confail. 

"Ci sentiamo presi in giro da chi promette 1,5 milioni di investimenti e poi mette sotto pressione i propri dipendenti per costringerli a rinunciare a una fetta consistente della retribuzione per tre anni. A conti fatti, ottenendo molto di più degli 1,5 milioni. Forse la Vibac vuole fare gli investimenti con i soldi dei dipendenti? Forse la Vibac non sta più pensando al futuro dello stabilimento di Termoli? O magari, è il caso che qualche istituzione del Molise si preoccupi di portare a un tavolo di trattative l’azienda? Certo è che bisognerà necessariamente provvedere alla sostituzione delle caldaie e al revamping degli impianti, se si vuole che la Vibac di Termoli torni a essere competitiva"

"Pertanto, alla luce anche delle decisioni dell’ultima assemblea dei lavoratori, venerdì 11 marzo comincia lo sciopero di due ore giornaliere per ogni turno di lavoro. Venerdì 11 marzo tutti i lavoratori saranno in presidio davanti allo stabilimento, dalle 12 alle 14. I sindacati firmatari del presente comunicato, invitano la Vibac ad allargare il futuro tavolo delle trattative alle istituzioni preposte del Molise per arrivare tutti insieme a una soluzione condivisa di questa vertenza e allo stesso tempo invitano le istituzioni a contattare la proprietà per decidere del destino di 200 famiglie molisane. Evitiamo le chiusura per finta della Vibac come è già successo nel 2013, allorquando per fare cassa l'azienda chiuse e poi riaprì nel giro di poche settimane, dopo aver ottenuto una riduzione di stipendio per tutti i dipendenti di circa quattromila euro all'anno", concludono sindacati e Rsu.