La transizione ecologica rivoluzionerà tutta la produzione e in particolare, al centro del ciclone, c’è già il settore dell’automotive. Alla fine del processo di cambiamento niente sarà più come prima, a partire dalla mobilità e dai sistemi di propulsione. Il settore dell’automotive, definito fin dal 1946 "l’industria dell’industria", deve quindi ripensarsi dalle fondamenta e le scelte obbligate dovranno essere realizzate in pochissimo tempo visti gli obiettivi europei. In Italia sono in gioco più di 70 mila posti di lavoro e un intero bagaglio di conoscenze e professionalità. Per questo non è possibile pensare di affrontare un problema di questa portata storica passando da emergenza a emergenza, da crisi industriale singola ad altre crisi industriali. Serve un grande Piano nazionale coordinano dallo Stato (come sta succedendo in altri Paesi) e quindi un intervento immediato del governo. È questa - in sintesi - la richiesta e il grido di allarme che sono stati lanciati oggi (3 febbraio) dai sindacati dei metalmeccanici insieme – per la prima volta nella storia – alla controparte, la Federmeccanica.

Lo ha spiegato chiaramente nel corso di una conferenza stampa organizzata all’interno dello spazio convegni del Capranichetta (a pochi passi dall’entrata di Montecitorio) la segretaria generale della Fiom Cgil, Francesca Re David. “Le nostre richieste e l’invito al Governo per l’apertura di un tavolo di discussione immediato si basano su un documento che abbiamo elaborato insieme a Federmeccanica (pubblichiamo di seguito il Pdf con l'analisi completa). È la prima volta che accade e questo conferma l’urgenza e la drammaticità della situazione. Entro il 2035 dovranno essere abbandonati tutti i motori endotermici. Non basteranno gli ammortizzatori sociali per reggere una crisi di tale portata. Servono investimenti consistenti e il Governo dovrà mettere in campo risorse e nuove idee di politica industriale”.

Secondo la Fiom, ma anche secondo gli altri sindacati dei metalmeccanici, Fim e Uilm, è necessario avere la capacità di ridisegnare tutto il settore (alla conferenza stampa erano presenti per la Fim Roberto Benaglia e per la Uilm Rocco Palombella) . Il Governo si deve assumere la responsabilità di proporre un Piano che guardi oltre gli anni della transizione. "Siamo passati da secondo a ottavo produttore di auto in Europa - ha ricordato Francesca Re David - attualmente viene utilizzata solo la metà della capacità produttiva istallata, con 700.000 auto prodotte nel 2021. Francia e Germania stanno già mettendo in campo politiche industriali per affrontare la transizione, mentre il governo italiano non sta svolgendo nessun ruolo". Per questo per la segretaria generale dei metalmeccanici Cgil, "il governo deve intervenire nominando un’Autorità, che coordini i Ministeri interessati sotto la Presidenza del Consiglio, che abbia una dotazione di risorse finanziarie per la transizione industriale garantendo l’occupazione negli stabilimenti Stellantis e in tutta la componentistica, anche attraverso l’utilizzo di un ammortizzatore sociale per la transizione”. 

Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento nella conferenza stampa congiunta del presidente di Federmeccanica, Federico Visentin. E se la spinta verso la transizione è una spinta che non si potrà ignorare, "devo dire però che oggettivamente fermare la vendita di auto non elettriche al 2035 è impossibile". Così il presidente di Federmeccanica, Federico Visentin sintetizza l'appello comune che Federmeccanica e Fim Fiom e Uilm girano al Governo. "Il rischio è di lasciare 70mila lavoratori per strada: e si tratta di lavoratori competenti", dice. "Servono risposte. Non possiamo fare da soli, il Governo ci deve aiutare a uscire e ad accompagnare la transizione. Il rischio colpisce tutte grandi imprese ma non solo", ha detto Visentin  rinnovando la richiesta al premier Mario Draghi per un incontro che possa disegnare una visione generale e strategica. 

I dati precisi di quello che potrebbe succedere (o sta per succedere) sono contenuti nel documento congiunto elaborato dai sindacati dei metalmeccanici e dalle imprese per preparare la conferenza stampa di oggi. La misura Ue che prevede appunto lo stop entro il 2035 alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio, confermata anche dal Governo italiano, se non accompagnata da interventi potrebbe portare in Italia a una perdita di "circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030". Secondo l'analisi "già oggi i dati sull'andamento dell'utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall'Inps indica la tendenza: nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60". La misura, se non si interviene, "porterebbe una perdita di mezzo milione di posti di lavoro in Ue compensati da 226.000 nuovi posti di lavoro previsti nella produzione dei sistemi di propulsione dei veicoli elettrici, con una perdita netta di 275.000 posti di lavoro".

Bisogna dunque fare presto e fare bene per salvare e rilanciare un settore strategico per tutta l'industria italiana. Anche a fronte di una caduta della produzione nazionale di autoveicoli - che è passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700.000 nel 2021, di cui meno di 500.000 autovetture - l'Automotive continua ad avere, nel suo insieme, un peso rilevante nell’economia italiana. L’industria Automotive – si legge nel comunicato stampa congiunto diffuso oggi dai sindacati e dall’associazione degli industriali – vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro. L’intervento degli Stati sul settore negli anni è stato amplissimo e in ultimo l’Unione Europea ha previsto entro il 2035 lo stop alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio, confermata anche dal Governo italiano con la posizione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica dello scorso dicembre. Questa misura, se non accompagnata da interventi, potrebbe portare in Italia a una perdita di circa 73.000 posti di lavoro, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030 (stime Anfia-Clepa-PWC). Già oggi i dati sull’andamento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall’Inps indicano la tendenza: nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60.

IL TESTO COMPLETO DELL'OSSERVATORIO AUTOMOTIVE DI FEDERMECCANICA, FIOM, FIM, UIL